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Nicola Zingaretti demolito da Renato Farina: appena ha iniziato a parlare sono svaniti i sogni del Pd

Davide Locano
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Povero Partito democratico. Pareva essersi ripreso con qualche pillolina di buon senso e di buon umore, lucrando sulla curiosità per il nuovo segretario Nicola Zingaretti, con fama di solido amministratore del Lazio, dove ha risanato i conti della Sanità. Dicono lo abbia fatto - dicono i maliziosi - a spese della salute dei laziali. Ma noi mica siamo laziali. Dura minga. I sondaggi hanno registrato subito dopo il 3 marzo, data delle primarie, un incremento del Pd sopra il 20 dal 18 che era. L' onda Zingaretti si era già percepita il mese precedente, quando si dice sia stata la sua presenza a propiziare il successo del candidato piddino alle elezioni suppletive per un deputato a Cagliari, ribaltando il risultato del 4 marzo '18, quando trionfò un grillino provetto in barca a vela ma allergico alle paludi tiberine da cui fuggì impazzito. Ad aprire le vele e prendere il largo come un corsaro rosso dei 7 mari pareva a questo punto lui, il vincitore delle primarie con una specie di plebiscito tra tesserati e simpatizzanti, catturati anche dal suo dire e non dire. In fondo lo chiamavano "Anguilla" i compagni della federazione Pci, già a suo tempo. Più che anguilla un capitone oramai, anzi una murena predatrice. Anche alle regionali sarde, pur essendo stato sconfitto, aveva sorpassato di un piedino il M5S. Roba da favola, anche solo a pensarci appena un mese prima. Nicola era arrivato a considerare finito il tripolarismo. Basta così. Destra contro sinistra, e il resto ciccia. E la destra la sbattiamo giù, a costo di allearci prima con un residuale M5S. Leggi anche: Pd, il suicidio perfetto di Zingaretti: ecco il nuovo simbolo Poi in Lucania il Pd ha perduto il cadreghino della piccola regione dopo 24 anni. Non solo. La lista madre, quella con il nome della ditta, ha acchiappato l' 8 per cento, contro il 20 per cento dei Cinquestelle. Un' acciughina che pretende di sbranare lo squalo leghista: ridicolo. IL PROGRAMMA Come mai è stata così breve la vita felice del neo segretario? Qual è il problema? Molto semplice: Zingaretti ha cominciato a parlare. I primi tempi non lo ascoltava nessuno, passava la vibrazione vittoriosa invece dei suoi concetti. Infine ci si è accorti che diceva pure qualcosa. In sostanza quattro concetti: 1) ius soli, 2) noi siamo europeisti e ci alleiamo con Macron per Strasburgo (sul serio!), 3) prima i gay poi le famiglie naturali. La terza cosa non l' ha proprio espressa in questa termini, ma si è compreso bene il messaggio allorché ha delegato in televisione Monica Cirinnà, la pasdaràn dei matrimoni e delle adozioni omosessuali, ad attaccare con i lanciafiamme il congresso di Verona per la difesa della famiglia. Infine l' ultima: 4) ha sparato a zero contro la legittima difesa. Non vuole che gli italiani usino le armi, in compenso Zingaretti usa il bazooka per difendere i delinquenti dagli infortuni sul lavoro. Ah ecco. Così il caro Nicola ha spiccato il volo, aperto le braccia per farsi innalzare dal vento della popolarità, ma appena gli italiani invece di guardare la sua bella faccia molto facciosa, come quella di Charlie Brown, hanno capito che cosa desidera, gli stanno sgonfiando la mongolfiera. LUNA DI MIELE I primi quindici giorni c' era stata la luna di miele. La bocca ridente del trionfatore in casa propria era piaciuta agli italiani, abituati al profilo magro e reso grifagno dalle batoste di Maurizio Martina e Graziano Delrio. Il popolo ignorando i concetti, peraltro espressi sbagliando un clamoroso congiuntivo che faceva pure simpatia, avevano dato credito alla comunicazione di allegria del compagno, dopo l' epoca della sinistra gioiosa come uno zombie, seguita al 4 dicembre 2016 dei referendum infausti per Renzi. Dopo di allora erano stati 28 mesi di vacche tisiche, risciacquate nella candeggina. Tempi lunghi come la fame, al governo sì, ma stando seduti con le chiappe nude sulle ortiche mentre l' unico che lavorava sul serio come Marco Minniti era trattato come un venduto. Perciò il piglio di Zingaretti, che come un Buffalo Bill era balzato su un cavallo imbolsito come il Pd quasi fosse Furia il cavallo del West, è piaciuto a pelle persino a gente come noi allergica alla sinistra, ma che ama avversari senza lagne crepuscolari sulle gote; e soprattutto ha catturato l' ipotesi di un voto da parte degli orfanelli di Di Maio e Toninelli. La buona predisposizione verso questo signore alla mano, alla prova delle enunciazioni programmatiche, è svanita come una lampadina fulminata. Più che fratello di sangue del commissario Montalbano, hanno scoperto chi è sua sorella elettiva: Laura Boldrini, parlandone dal lato, diciamo così, dell' animaccia comunista, che ritorna sempre su dai precordi negli ex-Pci, inesorabile come l' ululato dei licantropi una volta che c' è la luna piena. Tra l'altro pare che Zingaretti stia ponderando, su consiglio della medesima Boldrini, la plastica non del cranio spelacchiato ma del nome: non più Zingaretti, con quel razzismo odiosamente sotteso al vezzeggiativo, ma Rometto o - si sta valutando - Sintuccio. Addio sogni di boria. di Renato Farina

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