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Luigi Di Maio ci ruba altri soldi, 1 miliardo di euro per l'ultimo pasticcio grillino: cosa paghiamo

Davide Locano
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Cambiano gli attori in campo, si modificano gli scenari, passano gli anni, ma se c' è una costante di tutte le infinite crisi di Alitalia è che alla fine ci rimettono sempre i soliti noti: i contribuenti. E le ultime sull' ennesimo tentativo di salvataggio dell' ex compagnia di bandiera non fa eccezione. Il ministero dello Sviluppo Economico - come a dire Luigi Di Maio - ha infatti avanzato la richiesta di inserire nel decreto crescita una norma per dare la possibilità di convertire il prestito ponte in equity e consentire allo Stato di entrare nella newco. Ora, è vero che sulla formulazione della norma di sarebbe qualche perplessità e che in serata erano ancora in corso delle valutazioni, ma il senso è molto chiaro. Gigino & C chiedono di avere la possibilità di far entrare ulteriormente lo Stato nell'azionariato di Alitalia convertendo i 900 milioni elargiti nel 2017, quando al governo c' era ancora Paolo Gentiloni, in azioni. Ovviamente si tratta di soldi nostri. Leggi anche: Di Maio in fuga dai giornalisti per non fare figuracce Ma cerchiamo di capirci qualcosa in più. Il problema è che il tempo stringe e che Ferrovie dello Stato, la società che stava cercando di trovare la quadra convincendo soci industriali e non a entrare nel nuovo azionariato ha chiesto ancora più tempo. Servono una sessantina di giorni per trovare altri 400 milioni e un socio forte che si decida accompagnare nell' avventura la stessa Fs che avrebbe il 30%, il Tesoro che deterrebbe il 15% e la statunitense Delta ferma al 15%. Si continua a sondare China Eastern, mentre dalle società a partecipazione pubbliche tirate in ballo (da Atlantia a Leonardo) non arrivano conferme. Purtroppo però di tempo non ce n' è molto. Alitalia dall' inizio dell' anno perde circa due milioni di euro al giorno e secondo l' ultimo focus dell' Istituto Bruno Leoni, curato da Andrea Giuricin, avrebbe già incassato circa 750 milioni di euro per servizi ancora non erogati (biglietti), ma nonostante ciò si ritroverebbe con una cassa di circa 500 milioni di euro. «Questo significa - si legge nel report - che la compagnia ha già bruciato di fatto tutta la cassa e che è già sotto di quasi 300 milioni di euro... Un buco enorme». Ecco perché il Mise sta cercando di inserire una norma che converta il prestito ponte del 2017 in azioni ed è questo il motivo per il quale a oggi nessuno si senta di escludere la necessità di un nuova iniezione di liquidità pubblica. Non a caso i tre commissari-Stefano Paleari, Daniele Discepolo ed Enrico Laghi - sono stati inderogabili: impossibile concedere i 60 giorni chiesti da Fs, il limite massimo sono tre-quattro settimane. Mentre il ministro Toninelli ha cercato - con scarsi risultati - di gettare acqua sul fuoco: «Non mi impiccherei - su una settimana in più o in meno dopo decenni all' interno dei quali Alitalia è stata semplicemente foraggiata ma non rilanciata con soldi pubblici». Intanto cresce la preoccupazione dei sindacati che chiedono una soluzione prima delle elezioni e ribadiscono al Governo la necessità di una convocazione. Ma anche questo rituale fa parte di un film visto mille e mille volte e ormai venuto a noia. riproduzione riservata. di Tobia De Stefano

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