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Luigi Di Maio e Alfonso Bonafede frequentano la barbieria di Montecitorio, ma una volta volevano abolirla

Caterina Spinelli
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Luigi Di Maio e Alfonso Bonafede sono i più assidui frequentatori della "barbieria" di Montecitorio. I due grillini - da sempre favorevoli al taglio dei privilegi - sembrano non aver seguito le orme del fondatore del Movimento. All'epoca infatti Beppe Grillo esortava ad aprire "come una scatola di tonno" il salone, simbolo della Casta. I barbieri della Camera, a livello contrattuale, sono considerati assistenti parlamentari. E infatti - rivela Il Giornale - assistono il vicepremier, nella cui cedolina la trattenuta per "Servizi di barbieria" non manca mai. Nell'ultimo, pubblicato dal leader politico dei Cinque Stelle - risalente a febbraio perché il sistema di rendicontazione grillino è diventato più complicato per evitare nuovi casi di finte restituzioni - si trova la spesa, modesta, per farsi tagliare i capelli dai barbieri della Camera: 36 euro. Poco, anche perché i barbieri sono dipendenti del Parlamento quindi il loro reddito - che arriva a 136mila euro l'anno - non dipende dal fatturato della bottega che può quindi tenere i prezzi bassi: 15 euro un taglio, 8 euro la barba, 6 euro la frizione extra. Leggi anche: Di Maio, tutte le mosse per salvare le poltrone Nella busta paga dell'onorevole risulta almeno un taglio al mese: a gennaio Di Maio ha speso 41 euro, a dicembre 36 euro, a novembre 26 euro, ad ottobre (51 euro), a settembre (54 euro), a luglio (41 euro). Anche il Guardasigilli Bonafede sembra curare molto i proprio capelli. Per non parlare di Roberto Fico, il presidente della Camera che esordì in stile pauperista recandosi a Montecitorio in autobus - sì ma solo il primo giorno. Pure lui - prosegue Il Giornale - si è subito abituato bene e, tempo due mesi, si è accomodato dagli assistenti piliferi dei deputati: 23 euro di trattenuta, quanto basta per rifinire barba e capelli. 

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