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Matteo Salvini inquieto dopo l'affaire Metropol: "Può arrivare dell'altro". Ma per Berlusconi è una "trappola"

Caterina Spinelli
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L'affaire Metropol scuote la Lega che si domanda ancora chi sia stato il mandante delle intercettazioni-trappola. "Giancarlo, sono stati i servizi", sussurra Matteo Salvini all'orecchio di Giancarlo Giorgetti, che tanto insistette con lui per ottenere la delega sugli 007 durante la formazione del governo. "Ma se io vado al Viminale non ce la danno. Troppi poteri, dicono" replicava il ministro dell'Interno. E infatti la delega - riferisce Il Corriere della Sera - alla fine se la tenne Giuseppe Conte. Da allora passò del tempo prima che il vicepremier riuscisse a indicare un vice ai vertici della catena di comando. Leggi anche: Bongiorno, la verità sull'affaire Metropol: "Così hanno incastrato Salvini" Ma se Salvini si mostra tranquillo davanti a i riflettori, dietro le quinte fa emergere un po' di inquietudine: "Un'intercettazione fatta a Mosca...". E il problema non sembra essere il fatto contestato, questa storia di petrolio russo e danari americani da destinare alla Lega. Il dubbio per il Carroccio è la tempistica scelta per la pubblicazione del file registrato all'hotel Metropol, ma soprattutto, "se si tratta di uno spot o arriverà dell'altro". Di Savoini però parlavano da tempo tutti i partiti, ben prima delle inchieste giornalistiche: nel luglio dello scorso anno - ricorda il quotidiano di Fontana - il Pd presentò un'interrogazione parlamentare; e in ottobre - durante una riunione di Forza Italia - venne riferito a Berlusconi che "Savoini rischiava di mettere nei casini Salvini". Al Cavaliere - anche lui per anni vessato dalla gogna della magistratura - "l'affaire Metropol appare come un colpo per indebolire Salvini". Insomma, una vera e propria trappola meditata a tavolino. 

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