Cerca
Logo
Cerca
+

Vittorio Feltri e la prova a Romeo: "Cari leghisti, non gli ho consigliato io di rompere"

Esplora:

Caterina Spinelli
  • a
  • a
  • a

Ieri a "L' aria che tira" è scoppiata una polemica a riguardo della caduta del governo giallo-verde. Secondo il capogruppo della Lega, Romeo, io avrei sollecitato Salvini, mediante i miei articoli, ad abbandonare l' alleanza con Di Maio allo scopo di fare chiarezza, visto che M5S si era impegnato a dire no a qualsiasi iniziativa del ministro dell' Interno. Libero non è una caserma ed è logico che vi ferva la discussione tra persone che talvolta la pensano diversamente. Io per esempio desideravo una revisione del contratto e speravo che i grillini fossero così indotti alla rottura. Ma non ho mai spinto Matteo a provocare la crisi. Ve lo dimostro con i fatti, riproponendo oggi un editoriale da me firmato il 10 aprile, quindi in tempi non sospetti, in cui rammentavo che in Parlamento esisteva, purtroppo, una maggioranza alternativa in grado di raccogliere la fiducia, e alludevo a un ipotetico accordo tra Pd e pentastellati. Cosa che poi si è verificata. Quale documento, offro ai lettori la copia del mio pezzo in cui adombro la pericolosità di un eventuale crollo dell' intesa tra Matteo e Gigino. Mi auguro che Myrta Merlino, conduttrice corretta, provveda a informare stamane i suoi ascoltatori e Romeo che non sono stato io a invogliare Alberto da Giussano a sfasciare la baracca. Qui di seguito l'articolo di aprile citato dal direttore di Libero: Aumentano coloro che sollecitano Salvini a rompere il sodalizio con 5 Stelle allo scopo - irraggiungibile - di rinnovare in anticipo il Parlamento. Premono adducendo un motivo valido in teoria: dicono che la Lega, soggiacendo alle pretese programmatiche dei grillini, sia destinata a perdere consensi soprattutto da parte di chi ha a cuore l'economia. È vero, i conti dell'Italia piangono e non promettono nulla di buono nel futuro prossimo. Ma c'è un particolare da non sottovalutare: mettiamo che il capo del Carroccio, stanco di soccombere a Di Maio, compia il gesto estremo, mandando al diavolo il governo in carica. Poi cosa accadrebbe? Due opzioni. La prima, auspicata in particolare dagli imprenditori e da molta gente, è che Mattarella decida di sciogliere le Camere e indica nuove elezioni onde verificare gli umori del Paese, secondo i sondaggi assai diversi rispetto a 13 mesi orsono. La seconda, meno ottimistica da un certo punto di vista, è che il Movimento - attualmente detentore a Montecitorio e a Palazzo Madama del 33 per cento - pur di non uscire di scena si aggrappi al Pd che, col proprio 20 per cento - sarebbe in grado di compensare numericamente la dipartita di Alberto da Giussano. Insomma, ragionando aritmeticamente, un ministero sostenuto da 5 Stelle e dai dem starebbe in piedi. Personalmente ritengo che il ministro dell'Interno abbia fatto i nostri stessi calcoli per cui resista a tenere in vita l'alleanza ora operativa al fine di evitare il rischio che i pentastellati e i democratici, per non mollare l'osso del potere, si consorzino sulla base di un contratto inedito e tirino a campare provocando altri e irreparabili danni alla nazione già abbastanza disastrata. Ecco perché non conviene affrettare i tempi e lasciare che la matassa si dipani: occorre comprendere le preoccupazioni del Matteo Lombardo, il quale benché sia con il suo partito in forte crescita, non ha in tasca la certezza di poter licenziare i grillini e di imbastire una maggioranza di centrodestra. Calma e gesso, se non vuoi fare la figura del fesso. di Vittorio Feltri

Dai blog