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M5s, sette grillini su dieci si tengono lo stipendio: l'ultima gatta da pelare per Luigi Di Maio

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Davide Locano
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Oramai i probiviri del Movimento 5 stelle hanno la scrivania invasa dai fascicoli. Perché nel partito di Luigi Di Maio i casi di insubordinazione non si contano più. Erano una macchina perfetta. Sulla carta. I parlamentari dovevano essere una truppa di esecutori. Svolgere il proprio mandato come un servizio civile, restituire una parte dell' indennità, attenersi alla disciplina, rispettare le decisioni "superiori" e, infine, tornare con il sorriso all' attività di prima (se ne avevano una). La realtà è che sta andando proprio tutto al contrario. Con il capo politico accerchiato da fronde, congiurati e traditori. Ieri l' ultimo episodio a Strasburgo. Dove una parte degli eurodeputati grillini si è ribellata all' ordine di scuderia, votando no alla Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen. Le motivazioni dei rivoltosi sono state tutte spiattellate, con violenza, sui social. Chi ha rifiutato l' indicazione arrivata da Roma ha definito il Movimento «una copia sbiadita del Pd», prono al «potere di Bruxelles», servo del «potere e delle logiche spartitorie». Leggi anche: M5s, dalla Calabria il vaffa a Grillo e Zingaretti «LOGICHE SPARTITORIE» Ai casi di coscienza poi si associano anche i fatti di soldi. Più prosaici e più diffusi. A oggi il 70 per cento dei parlamentari grillini non è in regola con le restituzioni dell' indennità. Tanti non versano un euro da maggio. E non è solo la manovalanza, magari quella arrabbiata perché finita fuori dall' elenco dei posti di governo. Tra i morosi c' è un ministro che finora ha versato zero. E un altro che ha degli arretrati da saldare e che, secondo una gola profonda interpellata dall' Agi, siede tra i probiviri. Ovvero il collegio dei censori che dovrà sanzionare gli "sbadati" e i tirchi. I "controllori" sono tre: Jacopo Berti, Raffaella Andreola, Fabiana Dadone. I primi due non hanno cariche di governo. Per mettersi in pari c' è tempo fino al 31 dicembre, informa una circolare intercettata dall' AdnKronos, dopo scatterà la gogna: «Le ricordiamo che gli impegni da Lei assunti, all' atto della sua candidatura con il MoVimento 5 Stelle, oltre a costituire una vera obbligazione giuridica, come di recente affermato dall' Agenzia delle Entrate, costituiscono anche e soprattutto un impegno morale nei confronti di tutti i cittadini italiani e, in particolare, di quelli che l' hanno votata». I toni della lettera non sono proprio amichevoli. DI MAIO SOPRASSIEDE Ma il clima è questo. E si ritorna alla giornata nera di Strasburgo. Dove due eurodeputati si sono astenuti (Rosa D' Amato e Eleonora Evi) e altri due hanno votato contro la von der Leyen (Ignazio Corrao e Piernicola Pedicini). «In questo ultimo anno ho perso praticamente il sorriso e l' entusiasmo, mi sono dovuto vergognare spesso di decisioni che ho dovuto accettare e difendere, ma che non mi appartengono», si sfoga Corrao, «siamo un movimento anti-establishment che si sta comportando come la sbiadita copia del Pd che invece sistema lo è e dal sistema riceve innumerevoli vantaggi». Accuse che fanno il paio con quelle della D' Amato («Non era assolutamente possibile sostenere questa Commissione»), della Evi («Il M5s non può appiattirsi alle logiche di spartizione di poltrone e potere») e di Pedicini: «Non dobbiamo svendere l' identità». Di Maio? Fa sapere che era stato avvertito in anticipo dell' ammutinamento dei suoi e ha lasciato correre. Forse non saranno neanche deferiti. Per il momento. di Salvatore Dama

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