Giorgio Napolitano, ecco quando si dimetterà
Se avesse potuto, Giorgio Napolitano la staffetta l'avrebbe evitata. Meglio andare avanti con Enrico Letta, pensava il capo dello Stato. Ma la ribellione (nel nome della poltrona?) del Pd contro il suo stesso premier ha segnato la via. "Decidete voi", ha detto l'inquilino del Colle ai democratici. E i democratici, in Direzione, hanno preso la (scontata) decisione: "Grazie Enrico, ma ora vai a casa". Fuori Letta, dentro Renzi. Staffetta, appunto. Un avvicendamento che taglia i tempi di permanenza di Napolitano al Colle. Ora, con buona approssimazione, si può indicare la data in cui Re Giorgio abdicherà, rimettendo il suo secondo mandato quirinalizio. Se tutto andrà come previsto, Napolitano si dimetterà tra ottobre e novembre. Lascerà soltanto dopo che la riforma della legge elettorale sarà approvata. Il mantra - Nel primo fulmineo giro di consultazioni del venerdì, il Capo dello Stato ha iniziato a ripetere quello che diventerà il suo mantra negli incontri di oggi, sabato 15 febbraio: "Va fatta al più presto", spiega riferendosi alla riforma elettorale. Italicum o non Italicum, una nuova legge è fondamentale: se tutto precipitasse, e se la riforma ancora non fosse attuata, il Paese precipiterebbe nel baratro di un proporzionale puro, quel Consultellum che è la versione del Porcellum riveduta e corretta dalla Corte Costituzionale, versione che, in caso di voto, sancirebbe l'ingovernabilità di un paese tripartito. Dunque Re Giorgio ha la ferma intenzione di chiudere il suo mandato, ma soltanto dopo aver "traghettato" il Paese fuori dalla palude di quest'insidia. Mortadella - D'altronde, con il passaggio di testimone a Renzi, da certi punti di vista la stagione di Re Giorgio si è chiusa. E' proprio questo il pensiero di Giovanni Toti, che a Il Foglio spiega: "Chiuso il governo Letta si chiude anche il senso politico della stagione di Napolitano. Con il nuovo governo, la nuova leadership del Pd e gli accordi di riforma tra il centrosinistra e Berlusconi, ci vuole un nuovo presidente. Un sigillo su questa nuova fase che è forse di pacificazione". Peccato però che sullo sfondo, la "figura di pacificazione" non ci sia. A Roma, per il dopo-Napolitano, si continua a ricamare su un nome, quello di Romano Prodi, che proprio venerdì ha fatto capolino nella Capitale. Per il centrodestra, dunque, si apre ora una nuova sfida: quella di impedire che, da qui ad ottobre, l'ascesa di Prodi al Colle sia l'ineluttabile.