Il viceministro dell'Economia Stefano Fassina ha consegnato al premier Enrico Letta le proprie dimissioni "irrevocabili" a causa del "risultato congressuale del Pd". In altre parole, il primo colpo di Matteo Renzi all'esecutivo arriva nel tardo pomeriggio di un sabato post-natalizio, ma non è un colpo del tutto a sorpresa. Il bersaniano Fassina da settimane è in rotta con Letta e soprattutto il "titolare" dell'Economia Fabrizio Saccomanni, e l'ultimo punto di rottura è emerso sulla questione del tetto del 3% su debito imposto dall'Unione europea. Secondo Fassina l'Italia dovrebbe avere il coraggio di imporre il diritto allo sforamento, richiesta questa che ha provocato più di un maldipancia nell'ala più europeista e rigorista dell'esecutivo. Negli ultimi giorni, in linea con Renzi, il democratico Fassina aveva tra l'altro chiesto un rimpasto al premier. E lo stesso Renzi, al termine della segreteria Pd di Firenze di sabato pomeriggio, ha preferito sorvolare con ironia: "Fassina chi?". Ora gli possono rispondere: l'ex viceministro. Rimpasti e addii - A onore di Fassina va riconosciuta la coerenza. Giusto sabato, in un'invervista quasi profetica a Repubblica, spiegava: "E' naturale, direi doveroso che la nuova segreteria guidata da Renzi, che ha vinto in modo forte il congresso, segni l'agenda di governo. E siccome le idee camminano sulle gambe di uomini e donne, il nuovo programma va di pari passo con una nuova squadra a Palazzo Chigi. Basta che lo si faccia in modo costruttivo". La postilla, però, non è da poco: "Penso che sia necessario un chiarimento, nella prossima riunione della direzione del Pd, il 16 gennaio. Un chiarimento nel rapporto fra il governo e il partito uscito dalle primarie". Chiarimento che forse è arrivato prima, in queste ore. E ha svelato meglio il senso della posizione di Fassina: più spazio per i renziani significa meno spazio per lui, che ha preferito farsi da parte. E anche questo è un messaggio, forte, al premier. Chi al suo posto? - Impossibile per Letta ora porsi il problema di un rimpasto. La posizione di vice di un ministro "tecnico" come l'ex Bankitalia Saccomanni, infatti, è soprattutto politica. A quella scrivania serve, cioè, un esponente di spicco di un partito della maggioranza. Ed è logico pensare che a sostituire il democratico Fassina sarà un altro democratico. Renziano, però, e non più bersaniano perché dall'8 dicembre (ma potremmo dire già dallo scorso aprile) gli equilibri sono cambiati eccome. Sceglierà Letta, su gentile "pressing" di Renzi. Lo sguardo molto probabilmente cadrà su uno dei tre responsabili "economici" scelti dal sindaco di Firenze per la segreteria del Pd: Filippo Taddei per l'economia, Davide Faraone per il welfare e Marianna Madia per il lavoro. Ma occhio anche a Dario Nardella, deputato e soprattutto braccio destro di Renzi già a Palazzo della Signoria e oggi nel partito e sempre molto attivo nel commentare (in maniera critica) le misure su Imu e lavoro del governo.
