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La tragicommedia della sinistrache ha sempre il gatto nel sacco

Come non imparare dagli errori. Dalla cotta per gli alleati esplosivi fino al requiem prematuro a Berlusconi. I rossi italiani godono a portarsi jella...
di Andrea Tempestini domenica 20 gennaio 2013

Occhetto e Prodi

2' di lettura

di Marco Gorra Sordi alla lezione del Trap, dicono gatto prima di averlo nel sacco. Con tutto quello, in termini di attrazione della malasorte, che questo comporta. Nel centrosinistra - ormai è chiaro anche all’osservatore meno attento - è da un po’ che ci si esercita in rituali che, in politica come altrove, hanno spesso come unico risultato quello di invocare su chi li pratica una valanga di jella. Avevano cominciato che la legislatura ancora scoppiava di salute, buttando giù un raggelante Cencelli preventivo per spartirsi i posti (per la cronaca lo schema era il seguente: Pier Luigi Bersani premier, Rosy Bindi vicepremier, Veltroni presidente della Camera, D’Alema ministro degli Esteri o commissario europeo, Franceschini segretario del Pd, Fioroni ministro). Non paghi, avevano pure fatto in modo che su detto papello i media mettessero le zampe, con le conseguenze (smentite, prese di distanza, precisazioni) che si ricorderanno. Da lì, si è solo peggiorato. Man mano che le cose precipitavano e i sondaggi arridevano, nel Pd si sono persi i freni inibitori, fino al punto da evocare la gioiosa macchina da guerra di occhettiana memoria. Che il riflesso venga è comprensibile: oggi come allora l’Italia sta uscendo da un terremoto politico-finanziario, gli schemi entro cui si era abituati a ragionare saltano uno dopo l’altro, nuovi assembramenti politici prendono forma per dare vita alla nuova repubblica. Quadro esaltante, non fosse per il trascurabile dettaglio che la gioiosa macchina da guerra abbia rimediato la sconfitta più ignominiosa nella storia della sinistra mondiale. Ma sono talmente sicuri di vincere da non avere paura di sfidare nessun tabù. Per esempio: uno schieramento che da quindici anni viene puntualmente mandato a casa dall’alleato radicale con cui sta faticosamente governando, magari per una volta potrebbe evitare di mettersi in coalizione il partitello comunista votato allo sfascio. E invece niente: rottamato per sopraggiunti limiti di età Fausto Bertinotti, il Pd lo ha prontamente rimpiazzato con Nichi Vendola. Ancora: dare Berlusconi per morto e mettersi a studiare una campagna elettorale facendo finta che il Cavaliere non esista, storicamente, non ha mai portato benissimo. Nonostante questo, il copione che il Pd si apprestava a recitare era esattamente lo stesso, e buon per loro che ci si sia messo Santoro per far capire che le esequie di Berlusconi erano un tantino premature.  Va aggiunto, dal ultimo, che quelli di sinistra non sono soli nel portarsi scalogna. Ieri a Porta a porta Mario Monti ha detto che «è verosimile che vinca Pier Luigi Bersani». Non è dato sapere se al Nazareno, qualche mano si sia istantaneamente tuffata nella tasca dei pantaloni alla frenetica ricerca di mazzi di chiavi, accendini o succedanei metallici e non.

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