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Sondaggio di YouTrend, Matteo Salvini cresce ancora: quanto guadagna, proprio nel giorno del processo Gregoretti

Lorenzo Mottola

L'aula bunker del carcere Bicocca di Catania è a suo modo un luogo storico. Qui sono passati negli anni personaggi come Mario "acchiappa e scinni", Beppe "u sfregiatu", Giuseppe "u pumpino" e Salvatore "Turi mbudda". E domani mattina alle 9.30 ci tornerà anche Matteo Salvini da Milano, conosciuto anche come "il Capitano". Il leader della Lega rischia una condanna pesante quanto alcune di quelle rifilate ai maxiprocessi di mafia: quindici anni di carcere per sequestro di persona per il caso Gregoretti. I fatti sono noti: l'allora ministro aveva ordinato di impedire di sbarcare in Italia a 131 persone soccorse dalla nave della guardia costiera italiana nel luglio del 2019. Uno stop di qualche giorno al largo delle nostre coste, imposto per poter trattare con i Paesi Ue la redistribuzione dei profughi, come è poi in effetti avvenuto. La manovra ovviamente era stata concordata con tutto l'esecutivo, ha spiegato l'imputato Salvini nel corso della prima giornata di udienza preliminare. Per questo il giudice ha chiesto di sentire altri due esponenti dell'allora governo, Danilo Toninelli e Elisabetta Trenta (responsabili all'epoca di Trasporti e Difesa), e pure il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Quest' ultimo tuttavia ieri mattina ha annunciato che non parteciperà all'allegra rimpatriata: si è avvalso del secondo capo dell'articolo 205 del Codice di procedura penale che, per il suo ruolo, gli permette di chiedere di «essere esaminato nella sede in cui esercita il suo ufficio». Non si sa ancora quando, ma saranno i togati ad andarlo a cercare.

 

 

I DOCUMENTI
C'è poi un altro fatto di non poco conto: sempre domani verrà fissata un'altra udienza per ascoltare, oltre a Luigi Di Maio, anche l'attuale ministro degli Interni Luciana Lamorgese. Il tribunale di Catania ha infatti chiesto e ottenuto dal Viminale la documentazione di 140 sbarchi, molti dei quali avvenuti dopo l'addio di Salvini. Anche il governo Conte-bis, insomma, potrebbe essere chiamato a rispondere di presunti abusi. Così per i Cinquestelle tutto questo rischia di essere un clamoroso autogol: sono stati loro a votare in Parlamento l'autorizzazione a procedere nei confronti dell'ex alleato e ora dovranno sfilare in tribunale per giustificarsi e ricordare a tutti che anche il Movimento era coinvolto nel piano "porti chiusi", ideato dal Carroccio ma avallato da tutta la maggioranza. E per completare il capolavoro di coerenza, i grillini mercoledì andranno in Senato ad approvare lo smantellamento degli "inumani" decreti sicurezza, da loro scritti coi leghisti appena due anni fa. Un altro cortocircuito, dopo quello sul Mes. E questa serie di scelte sta facendo a pezzi i Cinquestelle: altri deputati si preparano a lasciare la creatura di Grillo per contestare la nuova linea sull'immigrazione. E, dal punto di vista del consenso, le cose non potrebbero andare peggio. Salvini va a processo ma cresce di un altro 0.8% e arriva al 24.2%, guidando il centrodestra al 48.7% (i dati sono presi dalla media dei sondaggi della settimana di YouTrend). La maggioranza assoluta per la coalizione è a un passo, mentre i giallorossi scivolano al 41.5%. Un numero peraltro che esiste solo sulla carta: resta infatti da dimostrare che alle urne tutti i potenziali elettori M5S sosterrebbero un'ammucchiata con il Pd e viceversa. Le questioni aperte sull'immigrazione difficilmente aiuteranno dem e pentastellati a riprendere fiato. Anzi, i sondaggi hanno sempre dato ragione al Carroccio: quasi il 60% degli italiani ha approvato la chiusura dei porti.

«A TESTA ALTA»
Nonostante ciò, Matteo rischia. «Io vado a processo perché ho fatto quello che avevo promesso agli italiani», ha spiegato due giorni fa in un'intervista a Tg2Post, «per questo in tribunale ci vado a testa alta. Altri ci finiscono perché rubano o grattano». E quello di Catania non è l'unico procedimento in corso per quanto successo nei suoi anni al Viminale. Il caso vuole che domani, in contemporanea con il processo di Catania, sia stata convocata anche una prima udienza per discutere delle vicende della Open Arms a Palermo. Un rinvio sarà quindi inevitabile. Le circostanze sono molto simili a quelle della Gregoretti, con la differenza che in questo caso non parliamo di un'imbarcazione della Marina ma di una nave di un'organizzazione straniera. L'accusa di sequestro di persona, quindi, risulta molto tirata, perché in effetti l'equipaggio spagnolo, incassato il veto delle autorità italiane allo sbarco a Palermo, si sarebbe potuto recare in qualsiasi altro porto del mondo. Dove starebbe la limitazione alla libertà di movimento, ovvero il sequestro? Una tesi sostenuta spesso anche da giornalisti non certo teneri nei confronti della Lega come Marco Travaglio.