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Paolo Gentiloni al Quirinale? Perché l'incubo può diventare realtà: ecco chi muove i fili per "il prossimo presidente"

Fausto Carioti
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La domanda crea la propria offerta, anche in politica. Nei partiti c'è grande richiesta per un candidato al Quirinale che abbia certe caratteristiche, e i nomi iniziano a spuntare. Primo: non deve essere "divisivo", ossia troppo di parte, perché i numeri dicono che può vincere solo chi è capace di pescare voti a destra come a sinistra. La seconda qualità è richiesta da quasi tutti i parlamentari che voteranno per scegliere il successore di Sergio Mattarella: il prescelto non dovrà provocare la fine anticipata della legislatura. È il fattore che più ostacola l'ascesa al Colle di Mario Draghi. Terza dote è il curriculum: chi rappresenterà l'Italia dinanzi agli altri capi di Stato deve aver frequentato le istituzioni e possedere un nome conosciuto. Un forte profumo di europeismo e di atlantismo, ovviamente, saranno parte indispensabile del bagaglio. Non sono molti ad avere simili caratteristiche. Mattarella le ha, ma si è chiamato fuori, e Romano Prodi, con un intervento irrituale, ha assicurato che «i siciliani silenziosi non cambiano mai parere». Di certo l'ipotesi di un suo bis, oggi, appare difficile.

 

 

 

Chi altri può dare quelle garanzie? C'è Pier Ferdinando Casini, non a caso uno dei nomi su cui punta Matteo Renzi. Ma è stato per anni nel centrodestra, per poi passare con l'ex sindaco di Firenze: significa che per Enrico Letta non potrà essere lui la prima scelta. Eppure il segretario del Pd un nome deve tirarlo fuori, anche per silenziare chi lo accusa di essere un leader debole, sempre a ricasco degli altri. Si sta affacciando così, come scriveva ieri Il Foglio, un nuovo possibile candidato, portato avanti da Letta: Paolo Gentiloni. Le qualità dell'uomo non sono eccelse, ma soddisfa molti di quei requisiti: curriculum europeista, assai vicino agli americani, apprezzato in Vaticano, un passato da ministro degli Esteri e presidente del Consiglio e un presente da commissario europeo, incarico che ha ottenuto anche grazie all'appoggio di Silvio Berlusconi. Scontata l'opposizione di Lega e Fdi, resta da capire se Renzi lo sosterrà o meno. Un deputato democratico di lungo corso ha già fatto i conti.

 

 

 

«La maggioranza "Ursula" senza Italia viva», ossia ridotta a Pd, Leu, M5S e Forza Italia, «sarebbe sul filo dei voti dalla quarta votazione in poi», cioè quando basterà la maggioranza semplice dei presenti per eleggere il prossimo presidente della repubblica. «E io», prosegue il parlamentare, «proprio non ce li vedo Forza Italia e i Cinque Stelle che non perdono neanche un voto a causa dei franchi tiratori». Servirebbe il supporto dei renziani, insomma, e al momento non c'è. In questa incertezza, un ruolo se lo sta ritagliando pure Prodi. Il quale ripete di essere troppo anziano per quell'incarico, ma intanto, complice l'uscita del suo libro, ha ricominciato ad apparire tutti i giorni in pubblico. E a sinistra è stato l'unico, assieme al piddino Andrea Marcucci, a criticare la richiesta dei magistrati di sottoporre Berlusconi a perizia psichiatrica, definendola «una delle ennesime follie dell'Italia». Un'uscita a sorpresa che, anche nel Pd, è stata letta come un tentativo di accreditamento di Prodi nei confronti del Cavaliere. Strada impervia e in salita, vista la tanta ruggine che separa i due, ma al Professore tentarla non costa nulla.

 

 

 

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