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Mario Draghi, ciò che non ha confessato: tasse sulla casa, chi e come verrà spennato

Giuseppe Valditara - Claudio Zucchelli
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Come ci si aspettava il disegno di legge delega per la riforma fiscale è stato approvato dal Consiglio dei ministri il 5 ottobre, martedì scorso. L’art. 7 si occupa del catasto. Apparentemente la ipotizzata riforma non dovrebbe comportare aumenti di imponibile per le varie imposteche prendono a riferimento i così detti valori catastali. Diciamo "apparentemente", perché la norma presenta lati oscuri, inesattezze, incertezze e ambiguità che lasciano dubitare delle vere intenzioni. Giova ricordare che la legge di delegazione contiene principi e criteri direttivi vincolanti il governo, ma i contenuti dei successivi decreti legislativi sono elaborati esclusivamente dal governo e, in questa materia, praticamente dalla Agenzia delle Entrate.

Per parafrasare una famosa frase del ministro Tremonti, mettere questa materia in mano alla Agenzia è come nominare Dracula presidente dell'Avis. Vero èche i decreti legislativi devono ottenere il parere favorevole delle Commissioni parlamentari, ma allo stato la loro maggioranza è in mano ad una sinistra favorevole a bastonare i proprietari immobiliari. La delega prevede di introdurre strumenti per intercettare le situazioni in cui le risultanze catastali non corrispondano alla realtà, o perché gli immobili sono abusivi o non censiti, o perché vi è stato un cambiamento nel tempo della reale consistenza di fatto, della relativa destinazione d'uso o del classamento, o perché terreni edificabili sono accatastati come agricoli, insomma tutte le situazioni in cui il diritto non sia adeguato alla realtà. Il governo dimentica che questa operazione di "ripulitura" del catasto è stata già operata dalla Finanziaria per l'anno 2005 la quale all'art. 1, commi 335 e 336 (tuttora in vigore) ha previsto una vasta operazione di "rilassamento massivo" delle unità immobiliari che presentassero queste discrasie.

 

 

L'operazione si è conclusa nel 2015 ed ha riguardato tutti i comuni che ne hanno fatto richiesta, poiché annoveravano nel proprio territorio queste situazioni contraddittorie, con il riclassamento di più di 124.000 unità immobiliari e un aumento della rendita catastale complessiva di oltre 383 milioni di euro, pari a un valore imponibile di oltre 61 miliardi dieuro. L'operazione si è chiusa perché ha riguardato in pratica tutto ciò che si poteva riclassificare per eliminare le sperequazioni e ha condotto, sia detto a beneficio di chi ancora cita l'esistenza di abitazioni signorili o civili accatastate a popolari, ultrapopolari, rurali, alla scomparsa, almeno nelle grandi città, di tali situazioni, coinvolgendo il 40% degli immobili. Insomma, tutto ciò che si poteva fare è già stato fatto. Inoltre si prevede una novità gabellata come semplice «integrazione delle informazioni presenti nel catasto dei fabbricati in tutto il territorio nazionale». In realtà i criteri direttivi non parlano di semplice integrazione conoscitiva, ma di «attribuire a ciascuna unità immobiliare, oltre alla rendita catastale determinata secondo la normativa attualmente vigente, anche il relativo valore patrimoniale e una rendita attualizzata in base, ove possibile, ai valori normali espressi dal mercato».

Due sono quindi le così dette integrazioni, che tali non sono: un nuovo valore "patrimoniale catastale" e una nuova "rendita attualizzata" che possiamo definire entrambi: "di mercato". È necessario a questo proposito ricordare che il catasto è nato con finalità inventariali e reddituali. Non si è mai occupato di valore patrimoniale dell'immobile fino all'introduzione dell'Ici (oggi Imu) e del meccanismo dei coefficienti. Questo sistema assicura l'equità fiscale perché, a parità di consistenza (vani o metri quadri), classamento e quindi di condizioni reali edilizie e urbanistiche e conseguentemente di rendita, determina la medesima base imponibile dalle Alpi al Lilibeo. La delega pretende, invece, che tale «valore patrimoniale» sia definito in base ai valori espressi dal mercato e da esso derivi una nuova «rendita attualizzata».

 

 

 

A quali fini? Semplicemente conoscitivi? Parrebbe dubbio. Non solo, richiede anche meccanismi di adeguamento periodico di tali «valori patrimoniali e delle rendite delle unità immobiliari urbane». A quali rendite si riferisce? A queste rendite presunte conoscitive o alle vere e proprie rendite catastali a fini reddituali? Il fondato dubbio è che siano queste ultime. Dunque l'inserimento fuori sistema di questi nuovi dati non è innocuo o indifferente, dato che essi e le loro rivalutazioni periodiche, secondo la delega, dovrebbero influire indirettamente sulle rendite (catastali) delle unità immobiliari. 

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