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Simone Pillon, "le squallide polemiche italiote non mi interessano": fuga da Zelensky, schiaffo al premier ucraino

Elisa Calessi
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Standing ovation, giallo e blu (i colori dell'Ucraina) negli abiti indossati da molte parlamentari, mascherine gialle (di nuovo il colore di Kiev), selfie subito postati, parole che trasudano commozione o retorica. Ma i banchi nell'Aula di Montecitorio, dove si è svolta la seduta a camere riunite durante la quale è intervenuto in video-collegamento il presidente dell'Ucraina, Volodymyr Zelensky, non erano affatto pieni. Il numero esatto degli assenti non è possibile saperlo, dal momento che non era previsto un voto e quindi nemmeno una registrazione delle presenze. Ma, a detta di chi conosce bene l'Aula, gli assenti sarebbero stati più di 350. Se fossero stati tutti (o quasi) presenti i 945 eletti (tanti sono deputati e senatori insieme), anche le tribune, messe a disposizione proprio per ospitare i parlamentari dell'altro ramo del Parlamento, sarebbero dovute essere piene. Invece, già a colpo d'occhio era evidente che non era così. Le tribune erano quasi vuote. Tra Aula e tribuna ci saranno stati all'incirca 580 persone, massimo 600. Insomma, un parlamentare su tre è rimasto a casa. O si trovava, proprio ieri, in missione.

 

 

 

LA COMMISSIONE

Le assenze sembra siano state soprattutto tra le fila del M5S. Almeno una trentina sarebbero stati i senatori pentastellati assenti. Ma anche negli altri gruppi non sono mancati i buchi. Il caso più clamoroso, quello che ha sollevato una piccola bufera nella maggioranza, è quello di Vito Petrocelli, M5S, presidente della Commissione Esteri del Senato. Non solo, come annunciato alla vigilia, non ha partecipato alla seduta, ma, prima in un tweet, poi a voce, ha invitato il M5S a togliere il sostegno al governo Draghi, definendolo «interventista» e «cobelligerante». E ha annunciato che, per quanto lo riguarda, non voterà più la fiducia. Della Lega di sicuro non c'era Simone Pillon, anche se Matteo Salvini lo ha difeso: «Io giudico i presenti, parlate con gli assenti di tutti i partiti. Pillon è per lavoro a Londra». Non si sono presentati tutti i 15 parlamentari di Alternativa (in gran parte ex M5S): «Massima vicinanza al popolo ucraino di fronte a questa aggressione», ma «basta all'ipocrisia di chi invoca la pace inviando armi come fa il governo Draghi e versa da parte di Draghi che invece ha rincarato la dose mettendo benzina sul fuoco. Le armi non servono così come le sanzioni, bisogna trovare un punto di caduta. Zelensky non mi ha convinto, dimostra di non volere una soluzione pacifica e razionale. Ha presentato la questione dell'invasione della Russia come una velleità imperialista, ma a me non sembra rispondere al vero».

 

 

 

IL DECRETO

Non c'erano nemmeno i 4 parlamentari di Italexit, la formazione fondata da Gianluigi Paragone e di cui fanno parte anche William De Vecchis, Mario Giarrusso e Carlo Martelli: Non sono andati «perché», hanno scritto, «il presidente ucraino non è un ambasciatore di pace». Dunque, «tutta la solidarietà possibile al popolo ucraino tormentato dalle bombe e dai colpi di Putin, che è un aggressore», ma «le parole di Zelensky non chiedono diplomazia e non cercano pacificazione. Il presidente ucraino afferma che la forza è l'unico modo per costruire la pace». Assente anche Enrica Segneri, deputata del M5S, che già sul decreto per inviare armi all'Ucraina aveva votato contro. Si è detta felice del fatto che «Zelensky non abbia citato la no-fly zone nel suo discorso. Ma, soprattutto», ha detto «sono estremamente felice che Zelensky abbia avuto un colloquio con il Papa prima di entrare in Aula alla Camera. La strada per la pace è l'unica percorribile». Non c'erano l'azzurro Matteo Dall'Osso (ex M5S) e nemmeno Elio Lannutti, altro ex M5S. «L'invio delle armi in violazione dell'art.11 della Costituzione», ha scritto, «ha il significato di voler prolungare il massacro del popolo ucraino». Il ministro pentastellato per i rapporti con il Parlamento, Federico D'Incà, ha minimizzato: «Le defezioni M5S? Posizioni personali». Così come Antonio Tajani: «Alcuni ex Cinquestelle ora in Forza Italia non ci saranno? Non è quella la nostra linea politica». Per Enrico Letta il conto degli assenti è stato «un indecoroso balletto». Tutti presenti, invece, i parlamentari di FdI. «Il nostro gruppo», ha detto Luca Ciriani, capogruppo FdI al Senato, «è al completo».

 

 

 

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