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Zelensky, "chi ha contatti internazionali dice che il premier ucraino...": lo strano discorso alla Camera, ora si capisce tutto

Fausto Carioti
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Ci si aspettava lo Zelensky partigiano, ieri a Montecitorio, ed è apparso un Draghi con la tempra dei marines. Più determinato l'italiano in grisaglia dell'ucraino in maglietta verde, tanto che chi poi ha avuto da ridire se l'è presa con lui. E anche se in aula si sono sentiti solo applausi, quegli oltre trecento parlamentari assenti (grillini, leghisti e non solo) la dicono lunga. È mancato comunque il pathos che si era percepito il 16 marzo, quando il presidente ucraino aveva parlato al congresso di Washington: venti minuti di standing ovation ed emozioni, che lui era stato bravissimo a suscitare evocando Pearl Harbour e la ferita ancora aperta dell'11 settembre. 

 

 

Il primo a sembrare diverso è stato lui: ieri, Volodymyr Zelensky ha evitato persino i riferimenti alla resistenza e ai partigiani italiani, la cui storia pure conosce bene. Ha chiuso il discorso con un'immagine epica, chiedendo di «fermare una sola persona, una sola, affinché ne sopravvivano milioni», ma il resto del suo appello è stato sin troppo controllato. E siccome, se vuole, è bravissimo a trascinare la platea, la domanda è perché non abbia voluto farlo, e in quei 12 minuti non abbia nemmeno chiesto l'imposizione della "no-fly zone" sui cieli ucraini, primo oggetto delle preghiere da lui rivolte agli altri governi. Se lo sono chiesto pure i parlamentari. 

Chi tra loro vanta contatti internazionali spiega che Zelensky è rimasto scottato dalle polemiche seguite al suo intervento al parlamento israeliano, nel quale aveva paragonato la strage degli ucraini all'Olocausto, che per gli ebrei (ai quali appartiene lo stesso Zelensky) è un evento unico. Così, avrebbe preferito evitare raffronti con la storia italiana, limitandosi a dipingere lo strazio di Mariupol, sulla costa del mare d'Azov: «Immaginate una Genova completamente bruciata dopo tre settimane di assedio, di bombardamenti, di spari che non smettono neanche un minuto». 

IL PAPA È ATTESO A KIEV
Chi ha a cuore i rapporti col Vaticano assicura invece che è stato il suo colloquio col pontefice a fare la differenza. Prima che si collegasse con l'aula della Camera, Zelensky è stato infatti raggiunto al telefono da Jorge Bergoglio. L'ambasciatore ucraino ha raccontato che i due hanno avuto «una conversazione molto promettente», nella quale il papa ha detto che la Santa Sede sta «facendo tutto il possibile per la fine della guerra» e Zelensky ha ribadito che «Sua Santità è l'ospite più atteso in Ucraina». Parole che lasciano apertala possibilità che Francesco faccia quel gesto nel quale molti sperano, che però svanirebbe se Zelensky insistesse ad invocare l'intervento militare della Nato. 

 

CON GLI ALLEATI
C'è un'altra spiegazione al fatto che il presidente ucraino abbia preferito ringraziare per l'aiuto ottenuto che chiedere armi e soldati, ed è la consapevolezza che sarebbe stato inutile. A maggior ragione nella settimana in cui Joe Biden arriva in Europa per il vertice della Nato e il Consiglio europeo: sarà lì che si deciderà tutto e sarà da lui che bisognerà passare. E da Washington hanno già annunciato che domani gli Stati occidentali introdurranno nuove sanzioni contro la Russia, accogliendo la richiesta minima fatta da Zelensky, che parteciperà in collegamento alla riunione della Nato. Proprio la certezza di avere l'alleato americano alle spalle, ieri ha spinto Mario Draghi, intervenuto dopo il leader ucraino, ad abbracciare una linea più dura di quella sperata da molti esponenti della maggioranza. 

Lo ha fatto quando ha detto che, «di fronte ai massacri» compiuti dai russi, «dobbiamo rispondere con gli aiuti, anche militari, alla resistenza»: parole cui Zelensky, in ascolto, ha risposto con un cenno di ringraziamento. E lo ha fatto quando ha garantito che, anche se il percorso è lungo, «l'Italia vuole l'Ucraina nell'Unione europea». Realisticamente, il massimo che potesse promettere. Eppure era emozionato, Draghi, e a modo suo lo ha dimostrato, quando per qualche secondo ha smesso di parlare, ha posato il foglio che stava leggendo e si è messo ad applaudire la «eroica» resistenza degli abitanti di Mariupol, Kharkiv e Odessa. Tempi infami e di scelte tremende, molte delle quali ancora da prendere, quelli in cui a uno come lui viene il groppo in gola.

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