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Giorgia Meloni: "L'invasione russa è la prova che l'Europa ha sbagliato tutto"

Giorgia Meloni

Pietro Senaldi
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L'opposizione di Giorgia è un esercizio di quotidiano equilibrismo di questi tempi. Il piglio è battagliero ma i toni si sono ammorbiditi. Perché la leader di Fdi si sta rifacendo il trucco e si prepara un profilo da premier, sostiene chi la sa lunga. Perché il caos che gira tutto intorno alla maggioranza ha dimostrato, di riflesso, che di stabile in questo Paese c'è solo l'opposizione di Fratelli d'Italia, non a caso cresciuto grazie alla coerenza che rivendica orgogliosamente. Il prossimo fine settimana a Milano celebrerà la conferenza programmatica di Fdi.

Parteciperanno anche personaggi esterni al partito: quanto è lunga la fila alla porta?
«È un appuntamento a cui teniamo molto nel quale inizieremo a scrivere il futuro programma di governo, anche grazie al contributo di tanti importanti ospiti, che hanno una visione compatibile con la nostra. Sono tantissime le persone che continuano ad avvicinarsi a FdI. C'è anche, forse, chi lo fa per opportunismo leggendo i sondaggi, ma credo che la maggior parte lo faccia per convinzione, perché apprezza la nostra coerenza e spera che si apra una nuova stagione della destra di governo. Dopo tanti anni abbiamo imparato a riconoscere gli uni e gli altri e a concentrarci sui secondi».

Lei sta ricostruendo la sua immagine in vista di obiettivi ambiziosi: quanto è diversa la Giorgia di oggi da quella di piazza san Giovanni, sono una donna, sono cristiana...?
«Sono sempre la stessa. Quello fu un grido di libertà contro la dittatura del politicamente corretto che mi descrive perfettamente ancora oggi. Ma sono consapevole che dopo aver stabilito il perimetro dell'identità, ora gli italiani si aspettano di vedere calata quell'identità nella loro vita quotidiana, con ricette concrete e una proposta di governo. A maggior ragione perché hanno visto i cosiddetti "migliori" all'opera a Palazzo Chigi».

Se il centrodestra vincesse ma non avesse i numeri, con chi sarebbe disposta a governare?
«Chi vota FdI mette il proprio voto in cassaforte perché sa che verrà speso per costruire un governo di centrodestra con un programma di centrodestra.
Ora dobbiamo impegnarci per ricostruire una coalizione che sia anche maggioranza politica e fare in modo di avere alle prossime politiche i numeri per poter governare. Ma una cosa deve essere chiara: non sono mai andata al governo con la sinistra o il M5S o non intendo farlo in futuro».

Nel 2018 Di Maio e Salvini, vincenti, fecero un passo indietro per Palazzo Chigi. Se Fdi dovesse risultare primo partito, lei sarebbe disposta a farlo?
«Non metto mai il mio destino personale davanti all'interesse della Nazione. In democrazia decidono gli italiani e, come è sempre valso nel centrodestra, il partito che nella coalizione avrà più voti avrà anche l'onere e l'onore di esprimere un nome per la presidenza del Consiglio.
Ma qualsiasi sia lo scenario, per noi le idee valgono più delle persone».

 



 

Cosa farà oggi, 25 aprile?
«Lo passerò in parte con la mia famiglia, in parte a preparare la conferenza programmatica. Offrire soluzioni serie, oggi è il mio modo di difendere la libertà e la democrazia. Perché libertà e democrazia vanno difese ancora oggi, dalle minacce di questo secolo, che sono molte e continue. Qualcosa non funziona nell'idea di libertà di certa sinistra se l'Anpi, associazione dei partigiani, fa mille distinguo sull'invasione russa dell'ucraina e definisce nazista il governo ucraino. Forse sono rimasti alle stesse idee che avevano quando i carri armati sovietici invasero Budapest nel '56».

L'Anpi ultimamente è sotto duro attacco da sinistra: presa di coscienza che i partigiani di oggi sono degli usurpatori dei valori della Resistenza o che altro?
«Galli della Loggia qualche settimana fa ha scritto delle riflessioni interessanti sull'utilizzo estensivo che dal Dopoguerra ad oggi si è fatto del cosiddetto antifascismo per giustificare nefandezze ingiustificabili: dalla costruzione del muro di Berlino all'assassinio dei giovani di destra negli a\nni' 70, dalle contestazioni alla Brigata ebraica il 25 aprile ai convegni che negano le foibe, fino all'invasione di Putin in Ucraina. Mi pare che il dibattito in corso a sinistra rifletta questo problema e non credo si esaurirà oggi».

Il Rassemblement National è uscito ancora sconfitto dalle presidenziali francesi: qual è la lezione per la destra italiana?
«Mi pare sia innanzitutto una lezione per la destra francese.
Se trovasse una formula per unirsi potrebbe avere una maggioranza, invece questa frammentazione la condanna alla sconfitta».

Perché la Le Pen non la rappresenta?
«È una donna di valore, abbiamo alcune sensibilità comuni ma anche differenze e il suo partito non fa parte dei Conservatori europei. Mi pare che in questa campagna elettorale abbia cercato di uscire dal recinto della destra per andare a cercare nuove fasce di elettorato a sinistra, tralasciando alcuni temi tipici della destra conservatrice raccolti da Zemmour».

Che futuro ha la destra in Europa?
«Dispiace che sul piano politico la guerra in Ucraina stia portando anche ad alcune incomprensioni nelle destre europee.
Come presidente di ECR sono fiera del fatto che i primi tre politici europei a recarsi a Kiev siano stati i primi ministri polacco e ceco, entrambi appartenenti alla nostra famiglia politica, insieme a quello sloveno che è un nostro caro amico. Da lì ripartiamo per continuare ad aggregare chi vuole costruire un'Europa diversa, rispettosa delle sovranità nazionali e meno acciecata dall'ideologia della sinistra».

La guerra in Ucraina ha dimostrato che la Ue è in crisi e non conta nulla o che la Ue nei momenti di difficoltà sa compattarsi?
«Ha dimostrato che la Ue ha sbagliato tutto dalla caduta del muro di Berlino ad oggi, privilegiando la finanza e il politicamente corretto invece di costruire la propria autonomia energetica e la propria unità in politica estera e nella difesa. Oggi tutti lo dicono ma quando lo abbiamo detto noi ci davano degli anti-europeisti».

 



 

Le sanzioni a Mosca, se estese, ci costeranno tre punti di Pile la recessione. Cosa farebbe lei, se fosse presidente del Consiglio?
«Chiederei all'Ue di mettere in campo subito delle misure compensative per le economie che pagheranno il prezzo più alto, di mettere un tetto europeo al prezzo del gas e diversificare le fonti di approvvigionamento energetico. Rivedrei gli obiettivi del Green Deal, e di conseguenza del Pnrr italiano, che impone una transizione ecologica devastante sul piano economico. Ora le priorità devono cambiare».

Il centrodestra alle imminenti amministrative rischia di presentarsi diviso in Sicilia e altrove: colpa di chi?
«Siamo sempre stati disponibili a fare un passo indietro su nostri candidati purché non si mettesse in discussione un principio valso finora: gli uscenti che hanno lavorato bene, non hanno problemi e vogliono ricandidarsi, sono confermati.
Oggi si chiede di rimettere in discussione questo principio nel caso di Nello Musumeci, forse colpevole di essersi avvicinato a Fratelli d'Italia. Così non va».

Se gli alleati non sosterranno la ricandidatura di Musumeci in Sicilia, quali conseguenze prevede per la coalizione?
«Il tema è il rispetto delle regole che ci siamo dati finora. Se dovesse saltare in Sicilia il principio della ricandidatura degli uscenti, non si vede perché dovrebbe essere mantenuto altrove. Mi auguro prevalga il buon senso e si possa raggiungere un accordo».

Cosa è disposta a fare perché il centrodestra non si spacchi?
«Quello che serve. Come chiedere ancora agli alleati di firmare un impegno solenne a non fare accordi post-elettorali fuori dal centrodestra».

Quanto teme che ci sia una manovra del centrodestra di governo per isolarla a destra e quanto invece lo riterrebbe un'opportunità per tagliare i fili?
«Non credo a ricostruzioni o retroscena. FdI lavora per scrivere un programma di governo e dare voce alla maggioranza di italiani che sono di centrodestra e meritano dignità. È tra gli obiettivi della conferenza programmatica di Milano».

Il primo maggio ci sarà un nuovo allentamento delle norme anti-Covid. L'hanno tirata troppo in lungo?
«Sì, la gestione Draghi/Speranza è stata tragica e il conto è alto. Siamo stati gli unici in Parlamento a votare sempre contro l'utilizzo del green pass per limitare la socialità e il diritto al lavoro. Abbiamo fatto decine di proposte: alcune le hanno attuate con mesi di ritardo, su altre come la ventilazione meccanica controllata stanno cominciando a pensarci solo ora».

Il vaccino alla fine è servito a riaprire, e come si pone verso l'eventualità, sempre più affacciata e sollecitata dal governo, di una quarta dose?
«La correggo: il vaccino è servito a contenere il numero dei pazienti gravi e delle ospedalizzazioni, almeno fino a quando non si è capito che la copertura era molto più breve di quello che ci avevano raccontato. Ecco, io mi auguro che l'eventuale quarta dose sia somministrata ai fragili, a quelli che ne hanno veramente bisogno, e non la si utilizzi come una nuova arma di ricatto verso i cittadini».

Come mai gli elettori di FdI sono i più complottisti?
«Chi sceglie FdI fa una scelta di cuore e cervello più che di pancia. Il nostro è un elettorato molto maturo, dotato di spirito critico e che diffida dall'informazione mainstream, anche per le etichette e la semplificazione che spesso ha attribuito al nostro movimento». 

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