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Giorgia Meloni, fiuto da vero leader: ecco che cosa cambia con il "no" ad Orban

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Pietro Senaldi
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Giorgia Meloni ha declinato l'invito del presidente ungherese Orbán al convegno della destra mondiale. Manderà un video messaggio dove spiega che «le battaglie conservatrici vanno fatte all'interno delle democrazie occidentali e non strizzando l'occhio alle autocrazie». Molto Danubio è passato sotto i ponti, se si considera che la leader di Fdi volò a Budapest nel 2018 tre giorni prima delle voto delle Politiche. Si dirà che è una mossa opportunista, che Giorgia fa la super atlantista per guadagnare crediti oltre Oceano, casomai vincesse le elezioni l'anno venturo e avesse bisogno di pass internazionali per Palazzo Chigi. Si dirà anche che, da leader dei conservatori, con la destra dell'est Europa divisa sulla guerra, lei non può scontentare polacchi e cechi, molto distanti dall'Ungheria in questa fase.

 

 

Si dirà pure che è facile non ascoltare parte della propria base, che non è così allergica a Putin, quando non si governa e le proprie posizioni non si traducono in fatti che cambiano la storia. E si dirà infine che, dando buca a Budapest, Giorgia mette un altro muro contro ogni accusa di collateralismo con l'estrema destra. È tutto, in parte, vero. Ma la cosa più vera è che, con questa mossa, la Meloni dimostra di essere un leader che non teme di assumere posizioni forti, che possano anche scontentare una parte dei propri elettori. Preferisce optare per una strada netta e chiara, correndo anche il rischio di pagarne il prezzo, piuttosto che basculare tra una mezza ragione e l'altra. Questa è la chiave non solo per raggiungere il consenso, ma anche per conservarlo.

 

 

Poi c'è il capitolo centrodestra, con l'ennesimo vertice piuttosto inutile, a conclusione del quale Giorgia non ha mancato di sottolineare le divergenze che ancora ci sono tra Fdi e l'asse tra Lega e Forza Italia. Poiché la soluzione politica nazionale è congelata, al di là dei proclami, questi incontri tra tre persone che si conoscono da più di vent' anni servono solo per trovare i candidati comuni alle Amministrative. Se vengono individuati, significa che sono riusciti, altrimenti sono stati un fallimento. Quanto all'individuazione delle regole per compilare le liste comuni alle Politiche 2023, è comprensibile che con i sondaggi in poppa la Meloni scalpiti per quagliare. Ma è impossibile che ci si riesca, perché ancora troppa acqua deve passare sotto il Tevere. 

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