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Mario Draghi, bomba ad orologeria a Palazzo Chigi: retroscena, al CdM convocato d'urgenza...

Fausto Carioti
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C’è una bomba a orologeria sotto al governo, pronta a detonare alla fine di maggio. L’ha piazzata Mario Draghi, che ha ripreso in mano uno dei provvedimenti impantanati da tempo: il disegno di legge delega per la riforma dellaconcorrenza, dove il materiale radioattivo sono le concessioni degli stabilimenti balneari, che per aderire alle richieste europee dovrebbero essere messe a gara. Lega e Forza Italia difendono i gestori attuali e vogliono ritardare di qualche anno la  data delle gare, e al loro interno molti non si accontentano delle norme preparate dal ministro leghista Massimo Garavaglia, che attenuano l’impatto della novità e introducono garanzie per i gestori che ricavano il loro «reddito prevalente» dallo stabilimento. I Cinque Stelle sono contrari a ogni tipo di proroga.  E Draghi si è stancato di tutti: o trovano l'intesa o il governo mette la fiducia sul testo base, quello scritto da Garavaglia. Se qualcuno non lo vota, tutti a casa, che si è ancora in tempo per fare le elezioni politiche prima del 24 settembre, quando i parlamentari in carica maturerebbero il diritto ad ottenere il vitalizio.

 

Il modo in cui il premier ha pianificato la cosa è stato volutamente traumatizzante. Aveva anticipato la mossa a Sergio Mattarella, ma non ai suoi ministri, che sono stati colti di sorpresa dalla convocazione con cui, alle ore 17.20, venivano a sapere che di lì a quaranta minuti ci sarebbe stata una riunione urgente e straordinaria del consiglio dei ministri, avente per oggetto «comunicazioni del presidente». Quanto basta per seminare il panico.

Arrivati lì, si sono trovati dinanzi un Draghi che, a brutto muso, li ha informati dell'ultimatum. Bisogna iniziare a discutere il testo nell'aula del Senato entro la fine di maggio, per approvarlo e passarlo subito all'altro ramo del parlamento. E questo perché, «sulla base degli impegni assunti con il Pnrr», è necessario approvare entro dicembre non solo la legge delega, ma pure i decreti delegati che seguiranno. Messi davanti a un simile calendario, i partiti hanno chiesto al premier di rimandare tutto a dopo il 12 giugno, per evitare che decisioni impopolari possano penalizzarli alle elezioni amministrative. Inutile: Draghi ha risposto che «il mancato rispetto di questa tempistica metterebbe a rischio il raggiungimento di un obiettivo fondamentale del Pnrr, punto principale del programma di governo».

Dunque, se entro maggio non ci sarà l'intesa su una formulazione diversa, il governo farà votare il proprio testo, blindato con la fiducia. Su queste conclusioni, fanno sapere da palazzo Chigi, «c'è stata totale unanimità dei ministri. Nessuno astenuto». Tempo di cronometro, appena 8 minuti: il comunicato informa che la riunione è iniziata alle 18.24 ed è terminata alle 18.32.

 

Ma non sono i ministri il vero ostacolo, e Draghi lo sa. Il problema, quello che al termine della seduta ha fatto dire a uno spaventatissimo ministro di sinistra «qui c'è il rischio di una reale crisi di governo», sono i partiti: la Lega e i Cinque Stelle, ma anche Forza Italia. Le due sigle di centrodestra devono vedersela con Giorgia Meloni, che promette «battaglia in parlamento e in ogni sede per difendere il futuro di migliaia di imprese e lavoratori». I capigruppo di Lega e Forza Italia confidano che si possa raggiungere «un accordo positivo», ma rispondono a Draghi che il tema «non rientra negli accordi del Pnrr». Stessa cosa dice Stefano Fassina di Leu: «I bandi per le concessioni balneari non c'entrano nulla con la scadenza del Pnrr», perché il testo che riguarda gli stabilimenti «è stato introdotto approfittando di una sentenza del consiglio di Stato che non indica la revisione della normativa entro giugno. Pertanto è stata una forzatura di palazzo Chigi ad allungare i tempi».

Argomenti che Draghi non intende sentire. Lui un testo pronto lo ha, e ha pure tante cose da fare se qualcuno davvero farà cadere il suo governo sugli stabilimenti balneari. «Lo spiegheranno loro agli elettori», è il commento che fa con uno dei suoi

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