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Governo, indiscrezione delle Sacre Stanze: ecco cosa ci aspetta dopo Draghi

Antonio Rapisarda
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Dove non potranno la restaurazione proporzionalista - un miraggio che difficilmente si materializzerà - né un'eventuale non-vittoria alle Politiche "stile 2018" né, tantomeno, l'utopia neocentrista della fantomatica area Draghi (senza Draghi), avrà sicuramente più chance di successo il caro, si fa per dire, vecchio spread. A determinare cosa? La possibilità di un Draghi dopo Draghi. Ad evocarlo stavolta, da questo particolare e tutt'altro che politicista punto di vista, non gli ultrà delle larghe intese o chi vive la pacchia della de-responsabilizzazione sotto l'ombrello dell'ex mr. Bce ma il sottotesto delle tensioni di questi giorni sui nostri titoli di Stato.

 

 

LA SVOLTA
Torna il «rischio Italia», appuntava ieri il quotidiano Domani, a proposito degli effetti collaterali delle decisioni di Christine Lagarde che a luglio, oltre a chiudere il quantitative easing, ha stabilito che procederà anche con il primo rialzo dei tassi di 25 punti base, seguito a settembre da un nuovo rialzo di 50 punti. Tradotto in economia reale? Mutui e prestiti più cari per le famiglie, finanziamento più costoso per le imprese. Tradotto sui mercati? Rendimenti dei titoli di Stato in aumento e nuove turbolenze: ieri Piazza Affari ha chiuso l'ultima seduta a -5,04%, lo spread tra Btp italiani e Bund tedeschi ha registrato un boom a 234 punti (sei in più rispetto ai 228 punti base della chiusura di giovedì). Una quota certamente lontana dalla stagione del 2011, quando il differenziale con i Bund toccò quota 574 punti e l'allora presidente Giorgio Napolitano apparecchiava l'arrivo del governo tecnico con l'indicazione propedeutica di Mario Monti senatore a vita. La preoccupazione da parte degli investitori per l'impennata dello spread però - rispetto a un'Italia con un altissimo debito pubblico e una crescita bassa - potrebbe risultare la stessa.

 

 

Ed è proprio qui che subentra l'enorme differenza politica rispetto a ciò che è avvenuto undici anni fa. Se per l'allora governo Berlusconi l'effetto spread (seguito dalla famosa lettera Trichet-Draghi) fu l'inizio della fine, adesso il suo aumento potrebbe rafforzare paradossalmente le quotazioni di un reincarico al premier. Tutto ciò, altro paradosso, grazie a una politica della Bce sugli acquisti dei titoli di Stato che rigetta il "whatever it takes" con cui SuperMario è passato alla storia. Già. Fra qualche mese la domanda di chi giostra sui mercati potrebbe essere la seguente: se non basta il Draghi taumaturgo a rassicurare i mercati come farà un governo politico a dare garanzie sul debito e sui parametri del rientrante Patto di stabilità?
Di qui il corollario: se va così con Draghi, dopo il voto promette di andare molto peggio.

 

 

DUE SCENARI
A questo punto - davanti alla stretta della politica monetaria della Bce - si affaccerebbero due scenari. Il primo, quello di un governo politico costretto a dover far fronte alla tempesta dei mercati e chiamato, obtorto collo, a ridurre il debito pubblico con misure anti-sociali. Il secondo, davanti a un'Italia sotto attacco speculativo, vedrebbe una sorta di chiamata semi-collettiva dopo il voto proprio a Draghi. Su cui è certo che Sergio Mattarella non batterebbe sopraciglio. Due spettri, come prevedibile, vissuti con comprensibile fastidio e rigetto da parte di chi, secondo tutti i sondaggi, è in pole position perla vittoria nel 2023: il centrodestra. Non a caso le reazioni polemiche nel merito e sul metodo della Bce sono giunte da qui.

Su tutte le furie, a maggior ragione dopo il "pizzino" giunto da Goldman Sachs (secondo cui «se vincesse la destra» i mercati punirebbero l'Italia), Giorgia Meloni: «Il risultato dello spread all'indomani delle posizioni della Lagarde la dice lunga su quanto si riesca a capire il momento che si sta attraversando». Per la leader di FdI «non siamo in una posizione tale da rivedere il quantitative easing». Bocciatura netta pure dal centrodestra che partecipa al governo Draghi. Durissimo Matteo Salvini: «È in corso un attacco all'Italia, vogliono svendere il nostro Paese come hanno fatto con la Grecia». Da rilevare anche le critiche di Forza Italia. «Credo la signora Lagarde potesse aspettare qualche mese», ha attaccato infatti Antonio Tajani più che scettico per una «decisione che andava presa a mercati chiusi, per evitare l'aumento dello spread e un danno alle borse europee». 

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