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Giorgia Meloni teme attentati: il durissimo sfogo contro i rossi che la massacrano ovunque

Giorgia Meloni

Antonio Rapisarda
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«Querelerò chi ha raccontato falsità». "Io sono Giorgia", sono una donna, sono decisamente paziente ma adesso è troppo. Gli attacchi scomposti dopo l'exploit di FdI alle Amministrative erano più che messi in conto, così come il riflesso pavloviano della gogna antifascista da parte di un Pd che sente franare la possibilità di governare senza vincere un'elezione. Trovarsi però sotto il tiro incrociato dagli ospiti di una stessa emittente in tre programmi di grande ascolto (con le accuse di fare «propaganda assassina», di essere «una buffona», di parlare come «Putin e Kirill», di essere «circondata da nazisti» nonché - parola di uno dei conduttori - «la donna nera») per Giorgia Meloni è preoccupante e segna un innalzamento dell'asticella inaccettabile.

 

 


PARADOSSI PERICOLOSI
Il motivo è chiaro: qualche squilibrato potrebbe prendere la cosa sul serio. «Quando si dice a milioni di italiani che io sono pericolosa per la storia», ha spiegato, «una persona che potrebbe per paradosso uccidere milioni di persone, invadere uno Stato, il rischio c'è che qualcuno decida di "liberare il mondo" da questa persona così pericolosa». Anche ma non solo per questo la leader dei conservatori ieri ha preso la videocamera, ha mostrato sui social le clip delle «accuse, minacce, mistificazioni, insulti andati in onda su un'unica rete televisiva, La7, in appena 24 ore» e ha preteso pubblicamente da chi l'ha messa all'indice un'assunzione di responsabilità. Quelle politiche sono evidenti. «Delusa dal fatto che ormai gli italiani non sono più disposti a credere alle loro storie», questa la premessa, «una sinistra totalmente allo sbando passa le sue giornate a insultarmi e a mistificare le mie dichiarazioni».

 

 

Il riferimento della fondatrice di FdI è all'ormai celebre video del suo comizio a Marbella a sostegno della candidata di Vox in Andalusia, Macarena Olona: un discorso appassionato, sui temi identitari e antropologici che più la coinvolgono. Esattamente come fece a piazza San Giovanni con il celebre: «Io sono Giorgia...». La differenza? FdI ha più che raddoppiato i suoi consensi da quel giorno. E a dieci mesi dalle Politiche, poi, non esiste sondaggio che dica il contrario: il centrodestra, trainato proprio da Giorgia, ha la vittoria in tasca. Ecco spiegata la raffica partita da Letta & "compagne" - alla faccia della solidarietà femminile - a cui si sono accodati analisti, intellò e commentatori della rive gauche da Ginevra Bompiani a Rosi Braidotti. «Da una parte», ha commentato a questo punto la numero di FdI, «uno dovrebbe essere contento di vedere gente così rabbiosa, disperata, invidiosa, reagire con questo livore al fatto che continuo a vincere». Dall'altra, però, in questo linciaggio mediatico «c'è qualcosa di profondamente sbagliato»: il rischio che qualche svalvolato passi all'azione. È il momento allora, prima che sia troppo tardi, di mettere un punto.

 

 


Certo, la leader della destra ammette di avere abituato troppo bene i suoi detrattori («Forse per troppo tempo ho consentito che si uscisse fuori dai limiti») perché «sono una persona che ha sempre detto quello che pensa» ma con tutt' altro stile: «Mai usati questi toni e metodi contro i miei avversari». Morale? Se la Meloni rivendica di essersi assunta sempre le sue responsabilità, è tempo che gli altri «si assumano le loro». Nel frattempo saranno in tanti ad essere querelati.


INSEGNANO AD ODIARE
«Tutti quelli che si sono permessi di dire una parola sbagliata e non tanto per me, ma perché voglio sapere se in questa Nazione c'è ancora il diritto di non essere di sinistra senza rischiare di diventare vittime dello spostato di turno perché gli hanno insegnato a odiarti». A rispondere indirettamente alla leader di FdI, su Twitter, è stato il direttore di La7 Andrea Salerno: «A La7 si ascoltano e si dà spazio a tutte le opinioni. Sempre con equilibrio, pluralismo, cura giornalistica». Di diverso avviso l'associazione Lettera 22: «Stupisce e rattrista che una parte della stampa si presti ad amplificare, se non addirittura a fare proprie, le affermazioni strumentali della sinistra più retriva nei confronti di una leader politica che ha come unica colpa quella di raccogliere consensi e di consolidare nell'opinione pubblica un'immagine di coerenza».

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