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Mario Draghi, perché il centrodestra non ha colpe: chi l'ha fatto cadere

Mario Draghi

Giuseppe Valditara
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È in corso il tentativo di scaricare sul centrodestra la responsabilità della crisi di governo. Ricostruiamo i fatti e poi le persone valuteranno. Il M5S non vota la fiducia su un provvedimento decisivo per il governo: il ddl "Aiuti". Draghi si dimette ritenendo impossibile continuare a governare con il partito di Conte. Nelle ore successive i grillini mandano a Draghi una serie di richieste irricevibili come condizione per continuare a collaborare. Su pressione di Mattarella Draghi ritira le dimissioni e si presenta in Parlamento. Il centrodestra unito si dichiara disponibile ad appoggiare un governo Draghi bis ma senza i 5 Stelle dato che le loro proposte sono ritenute incompatibili come lo stesso Draghi aveva denunciato. Sarebbe in effetti una pagliacciata ridurre tutto a tarallucci e vino. Il giorno precedente il voto, Draghi vede per una lunga ora Enrico Letta. Dopo le proteste del centrodestra, escluso dalle consultazioni, in serata ne sente i leader.

Si arriva a mercoledì. Anziché fare un discorso dialogante e di apertura, Draghi bacchetta insieme 5 Stelle e Lega, mettendoli sullo stesso piano, contestando fra l'altro le aperture di questa alle istanze dei tassisti. Il suo appare subito un discorso molto duro, del "prendere o lasciare", alla fine si dice però disponibile a proseguire anche con il partito di Conte smentendo se stesso. Gli sfugge che la politica è rappresentanza di interessi, mediazioni, dialogo. Un premier non eletto dai cittadini in una democrazia non può impedire a parlamentari eletti dai cittadini di mantenere canali di comunicazione con i loro elettori.

Fra l'altro la Lega ha sempre votato lealmente ogni provvedimento. Non altrettanto ha fatto il Pd che ha votato contro il governo sull'ex Ilva insieme con i 5 Stelle.
E si arriva allo show down finale che sa di vera e propria congiura. Nella ricostruzione del Corriere un gruppo di ministri avrebbe detto a Draghi: «Adesso dobbiamo fino in fondo. Devi mettere la fiducia sulla mozione Casini (ndr: eletto con la sinistra) e vediamo chi vota contro». La fiducia viene cioè posta sulla mozione della sinistra scartando così la mozione della Lega. Se si fosse voluto un esito positivo, un leader accorto avrebbe cercato o imposto una mediazione. Così si è messo invece nelle mani di chi gli ha teso una trappola. La sua è stata una scelta di campo che è sembrata una provocazione. In quella mozione si recuperavano fra l'altro i 5 Stelle, essenziali al Pd per cercare di vincere le prossime elezioni, e si davano a Draghi pieni poteri. Non solo. Negli stessi frangenti Franceschini e D'Incà si sarebbero rivolti a Conte con la famosa frase riportata sempre dai giornali: «allora rimaniamo così», blindando cioè l'appoggio esterno del M5S in modo da far naufragare la proposta del centrodestra. A quel punto Draghi accogliendo il suggerimento del Pd ha di fatto decretato la fine del suo governo. Solo ingenuità politica o condiscendenza ad un disegno per non assumersi la responsabilità della prossima legge di Bilancio? 

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