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Sinistra illusa, la Lega non si è spaccata: a differenza di Forza Italia...
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Una grande delusione per la Sinistra, non inferiore a tutte le altre, è stata, nel difficile passaggio che ha portato alla caduta del governo Draghi, che la Lega non si sia spaccata ma che anzi abbia dato prova di compattezza e coesione attorno a Matteo Salvini. Nulla di paragonabile a ciò che è successo in Forza Italia: gli stessi ministri e sottosegretari leghisti hanno fatto il loro dovere fino all'ultimo giorno di vita dell'esecutivo e disciplinatamente si sono adeguati a una scelta che per come si erano messe le cose era diventata obbligata. Di colpo è così crollata tutta la narrazione messa su dai giornaloni progressisti di una fronda anti Salvini nel Carroccio, di governatori pronti a fare appelli a favore di Draghi, di un Giorgetti pronto a seguire Di Maio con il quale era stato visto in passato diverse volte in pizzeria, ecc. Ogni sensibilità o postura diversa da quella del segretario, che è del tutto normale in un partito grande come la Lega, era stata infatti presa a pretesto, negli ultimi mesi, per costruire una interpretazione dei fatti distorta o esagerata, forse nell'auspicio che essa fosse performante, cioè in grado di provocare auspicati effetti concreti.
E a nulla erano valse le smentite o i distinguo degli interessati, i quali erano invece corteggiati e intervistati alla ricerca di una parola non felice che uscisse dalla loro bocca e che, enfatizzata poi nei titoli, avrebbe potuto avvalorare il teorema di partenza. In molti si erano spinti persino a parlare di una "faccia buona" della Lega, cioè di un'area pragmatica e non "fascio-sovranista" come quella che farebbe capo al "cerchio magico" di vertice. Lo stesso Salvini, si aggiungeva, al prossimo ed ennesimo errore sarebbe stato affiancato o detronizzato da altri leader che si stavano scaldando a bordo campo. Poiché nulla di questo è successo, semplicemente perché la ricostruzione era molto orientata e in sostanza falsa, da qualche giorno la retorica progressista è radicalmente cambiata e tende ora per lo più a sottolineare che i presunti frondisti erano in malafede, oppure sono opportunisti e soggiogati da Salvini. C'è chi, come ad esempio Dagospia, addita Giorgetti come un Don Abbondio a cui è mancato il coraggio e i vari Zaia, Fontana e Fedriga come politici senza attributi. Quanto al Corriere della Sera, in un articolo surreale di Cesare Zapperi, ha scritto che alla fine è prevalsa la ragion di partito e che i governatori hanno «preferito annegare la loro rabbia nel silenzio». Subito dopo ha però dovuto ammettere che i governatori erano stati consultati da Salvini «prima, durante e dopo la decisione». Non manca nemmeno un vaticinio: la fronda sarebbe solo rimandata, «pronta a riemergere se le elezioni non dovessero andare come ci si aspetta». Intanto, possiamo stare sicuri che nessuno, almeno da qui alle elezioni, degnerà più i presunti cospiratori di una intervista o di una citazione. Già Machiavelli aveva scritto che in politica l'amico del tuo nemico è automaticamente tuo amico, ma l'impressione è che questa volta la sinistra il nemico di Salvini se lo sia costruito in laboratorio eche, come Don Chischiotte, si sia trovata alla fine a combattere da sola contro i mulini al vento.
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