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Elezioni, "basta allarme fascismo": adesso lo dicono pure a sinistra

Antonio Rapisarda
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In principio fu Giorgio Gori, fra i sindaci più autorevoli (e inascoltati) del Pd, a sbracciarsi cercando di far capire ad Enrico Letta che siamo in campagna elettorale non in un capitolo dell'Apocalisse: «Noi non siamo il bene» e gli avversari «non sono il male». Ma soprattutto che è impensabile «che stia per tornare il fascismo», a maggior ragione sotto le vesti "euro-atlantiche" di Giorgia Meloni e dei suoi conservatori. Niente da fare. Qualsiasi appiglio - dalla promozione dello sport contro le devianze al video-denuncia del brutale stupro ai danni di una signora ucraina fino alle posizioni sulla bioetica - per i dem e la corte dei suoi intellò diventa occasione irresistibile per strumentalizzare e tirare fuori nei confronti della fondatrice di FdI il solito riflesso condizionato: l'accusa di Ur fascismo. Nella pratica: di promuovere «concetti da Ventennio» (copyright Boldrini). Il risultato di questa campagna? Il centrodestra «cresce ancora», come spiegava ieri il Corriere, mostrando la cifra record del 50%. E gli attacchi multilingue di Letta contro Giorgia? Sono un'aggravante. «Allontanano la gente e dunque incidono zero», è il parere del sondaggista Carlo Buttaroni secondo cui il problema «per sei famiglie su dieci» non è quanto sia o non sia «femminista» l'essere donna della Meloni - a sinistra se lo stanno chiedendo sul serio - ma è «il carrello della spesa e il caro bollette».

 

 

 

ESPLICITI

Ed è così che ad esigere da Enrico di cambiare registro e spartito, di affrontare il «mondo reale» (come continua a ripetere Stefano Bonaccini, già pronto a strappargli la segreteria) iniziano ad essere in tanti: autorevoli esponenti del pensiero progressista, accreditati politologi d'area e persino una delle vecchie glorie della tradizione poChe st -comunista. più esplicita non si poteva è stata Barbara Spinelli ieri sul Fatto Quotidiano a proposito di «armi spuntate contro la Meloni». Il riferimento della saggista, ex eurodeputata, nonché figlia di Altero Spinelli, è l'abuso di «al lupo al lupo» da parte di Letta e soci su fascismo e femminismo. I temi reali su cui incalzare Giorgia - secondo l'editorialista - dovrebbero quelli energetici, i conflitti sociali destinati ad aprirsi con la crisi delle bollette e il tema dell'agibilità del prossimo esecutivo in Europa.
«Queste considerazioni», invece, «sono assenti nella campagna condotta da chi avversa le destre». L'argomento principale «dell'ex sinistra centrista»? È la contiguità di FdI «con il neofascismo, con la Fiamma nel simbolo». Strategia che funziona? No. «Improbabile che Meloni perda per questo i voti operai tolti alla sinistra». Per la Spinelli è grottesco accusare Meloni «di puntare sull'immagine femminile senza essere femminista». Ed è ancora più grave non riconoscere l'impegno a favore delle donne, quando la leader di FdI sostiene la piena applicazione della legge 194. «Non vedo cosa ci sia di maligno» - la replica della scrittrice a chi urla all'attentato ai diritti da parte di Giorgia - «nella volontà di aiutare le donne che non vorrebbero abortire, e lo fanno non per libera scelta, ma per necessità economica o familiare».

 

 

 

PROPAGANDA CRITICATA

A bastonare certa propaganda - chiedendo a Letta di alzare il livello del dibattito - è stato pure un accademico del calibro di Salvatore Vassallo, direttore dell'Istituto Cattaneo ma anche ex deputato del Pd. Proprio da lui - in un lungo articolo su Domani in cui viene criticata nel merito la proposta della destra sul presidenzialismo - è giunta una bastonata ai metodi inquisitori che abbondano nel coté progressista: «È stato sostenuto da commentatori e giuristi creativi che Meloni e FdI dovrebbero essere sottoposti a una sorta di tribunale etico che accerti la loro piena adesione ai "valori dell'antifascismo"». Una pratica, per Vassallo, «davvero molto distante dai canoni della democrazia liberale». Non solo. Ipotizzare che i dirigenti meloniani - per il semplice fatto di essere post-fascisti - possano intaccare i principi costituzionali «oltre che un processo kafkiano alle loro intenzioni», è un atto di sfiducia «sulla tenuta dei sistemi di controllo del nostro sistema istituzionale». Insomma, piddini e i commentatori di riferimento dimostrerebbero così di non fidarsi nemmeno un po' della Costituzione "più bella del mondo". Un'eresia. In ogni caso, per il direttore del Cattaneo, continuare ad agitare lo spettro nero è fiato sprecato. Il richiamo anti-fascista non sfonda "al centro": «Di sicuro chi pensa oggi di votare per un qualsiasi partito di centrodestra non si farà convincere di essere l'inconsapevole responsabile di una deriva fascista». A predicare ci aveva provato anche un'icona della sinistra di tradizione Pci come Antonio Bassolino: ex sindaco di Napoli, già ministro ed ex governatore della Campania. «È come se fosse saltato il presente, buona parte della discussione pubblica è andata sul passato, sul fascismo», lamentava sul Corriere del Mezzogiorno, mentre i problemi del Paese «sono passati in secondo piano». Sul banco degli imputati ovviamente il Pd,al quale ha chiesto di cambiare strada, «di porre temi». Di pensare un po' al futuro, insomma. 

 

 

 

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