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Enrico Letta: "Fiamma indegna, da rimuovere". Ma il Duce non c'entra: che figuraccia

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A venti giorni esatti dal voto, Enrico Letta fiuta l'odore di una sconfitta rovinosa. Certo, almeno stando ai sondaggi non serve grande fiuto, le cifre sono chiare, impressionanti. E così, intervistato da Repubblica di oggi - lunedì 5 settembre - ecco che sembra mettere le mani avanti.

"Ho deciso di essere meno buono - spiega il segretario del Pd a Maurizio Crosetti -: bisogna evitare che il centrodestra vinca coi due terzi", spiega nell'intervista. Letta, insomma, si ridimensiona da solo: mister "occhi di tigre" abbassa l'asticella. A vincere nemmeno ci pensa, l'importante è evitare i due terzi dei seggi al centrodestra, poiché in quel caso la Costituzione potrebbe essere cambiata.

Ma non solo. Evidentemente a corto di argomenti, ecco che ritira fuori l'allarme-fascismo, l'onda nera. Ma da una nuova "prospettiva", se così la si può chiamare: chiede infatti alla Meloni di levare "quella fiamma indegna" dal simbolo dei Fratelli d'Italia. "La fiamma del Duce - scrive Repubblica -. Mai Enrico Letta lo aveva chiesto chiaro e tondo a Giorgia Meloni, è questo è accaduto sul palco del Festival della Tv".

Interpellato sulla fiamma, Letta afferma: "Non solo è una cosa inspiegabile, ma lo è anche il motivo per cui quel simbolo non l'abbiano mai cambiato. Un problema oggettivo. La Marcia su Roma fu possibile perché qualcuno non fece in fondo il proprio dovere", rievoca il fascismo.

Peccato però che Letta incappi ancora una volta in un clamoroso errore. Almeno stando a quanto spiega lo storico Adalberto Baldoni alla AdnKronos. "C'è malafede. Il Movimento sociale, fondato il 26 dicembre 1946, ebbe infatti come simbolo la fiamma tricolore dal settembre 1947, poco prima delle elezioni comunali di Caserta e di Roma - spiega all'agenzia di stampa -. Mentre la salma di Benito Mussolini, ritrovata tra il 22 e il 23 aprile 1946 nel cimitero milanese di Musocco, al campo 16, solo il 31 agosto del 1957 a seguito delle richieste per la tumulazione della vedova, Rachele Guidi, fu trasferita nella tomba di famiglia a Predappio per decisione dell'allora presidente del Consiglio, Adone Zoli".

Baldoni ricorda infatti che "dopo il ritrovamento, avvenuto grazie a Domenico Leccisi che localizzò la fossa in cui era seppellito il Duce seguendo le indicazioni di un soldato tedesco, le ossa di Mussolini furono infatti portate nella villa di Mauro Rana a Madesimo e poi nascoste il 25 agosto 1946 presso il convento dei frati cappuccini di Cerro Maggiore, dove rimasero fino al 30 agosto 1957". Le date fanno dunque decadere qualsiasi ipotesi di una consequenzialità fra la fiamma ardente sulla tomba di Predappio e quella nel simbolo del Msi: "E' tutto documentato anche dai giornali dell'epoca, a partire dal Corriere della Sera, quindi è assolutamente pretestuoso parlare di un legame tra l'origine del simbolo e Mussolini". 

"Il simbolo della fiamma - ricorda ancora Baldoni - fu partorito nel 1947 su suggerimento di un mutilato della seconda guerra mondiale, non un combattente della repubblica di Salò, a Giorgio Almirante, incontrato nella sede centrale dell'Msi a corso Vittorio nei giorni in cui si parlava della necessità di dotare il partito di un simbolo. Almirante raccolse l'idea e incaricò del bozzetto un disegnatore, Emilio Maria Avitabile. Nacque così la fiamma tricolore, conservata dalla Meloni in continuità storica con l'Msi, partito votato in Parlamento". "Non riesco a capire - rimarca lo storico - perché queste fantasie emergano solo adesso e non nel 2012 alla nascita di Fdi, fondato da Crosetto, Meloni e La Russa che è stato oltre ad uno degli esponenti del Movimento sociale anche ministro della Difesa della Repubblica. Come mai non è stata tirata questa storia del simbolo allora? E' solo una propaganda elettorale Non hanno più armi. Parlino dei programmi. Perché si attaccano al fascismo?", conclude. Enrico Letta colpito e affondato. Ancora.

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