Giorgia Meloni, i cattolici non si schierano ma...ammiccano alla leader di Fdi
Che tema scegliere? Busta numero 1: "La Chiesa italiana e il voto del 25 settembre". Seconda busta: "I cattolici e le prossime elezioni". In passato ci sarebbe stata una notevole differenza tra i due svolgimenti. Nei fragorosi anni dell'Ulivo, quando la leadership dei progressisti era in mano ai cattolici democratici, gran parte dei vescovi italiani, a dispetto del cardinal Camillo Ruini e forse del Papa regnante, trasmettevano tramite radio curia, persino alle suore di clausura, la direttiva di votare a sinistra. Mentre il popolo della messa domenicale stava serenamente con Forza Italia e Lega. Adesso basta. Dissenso o robe simili rispetto ai pronunciamenti della gerarchia, oggi non ce n'è, o se ne stanno nella platea, vicace ma emarginata come "estremista e iper-tradizionalista", di alcuni blog. Del resto: da che cosa mai si potrebbe dissentire? Dalla "libertà di coscienza"? Essa è sostenuta, esplicitamente o implicitamente, da qualsiasi voce ufficiale di istituzioni ecclesiastiche odi movimenti organizzati. L'unica scelta stigmatizzata con severità da tutti è l'astensionismo. Libertà di voto non significa però disimpegno. Anzi, si sente risuonare il corno della riscossa, se ne avverte l'urgenza, diversamente modulata, in qualsiasi intervento orale o scritto. Scendere mitemente in battaglia.
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ARIA DIVERSA
Che ci sia aria nuova, lo si avverte da un fatto. Per la prima volta dopo forse dieci anni di astensione purificatrice da qualsiasi volantino o comunicato sulle elezioni, Comunione e Liberazione rientra nell'arengo. In questi anni, tramite il Meeting, ha ospitato personalità di governo e di partito, ma quasi come un tatzebao cui ciascuno appendeva la propria visione del mondo e il programma delle cose da fare, ma alla fine nessun giudizio, ciascuno lo avrebbe elaborato in privato, o comunque lontano dai microfoni. Che ci sia bisogno di giustificare il ritorno nell'agone lo si capisce dall'esordio: quasi quasi si chiede "permesso, posso entrare? È proprio impossibile ormai starsene fuori, ho un messaggio importante". Questa è la mia traduzione, del verbale originale: «È impossibile non essere preoccupati per il momento delicato che sta attraversando l'Italia e per la grave instabilità dello scenario internazionale. Avendo ben presente la raccomandazione di Papa Francesco ai cattolici di non "stare a guardare dal balcone" ed esortati dalle recenti parole del cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede («i cattolici devono tornare a esprimere la loro posizione all'interno del dibattito politico») e da quelle del cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei («i cristiani devono avere ancora di più un senso di attenzione per la cosa comune e anche le risposte necessarie, sempre con laicità»), sentiamo ancora più fortemente il bisogno di condividere un giudizio». Non è solo un fremito ciellino, in qualsiasi ambito di chierici o laici c'è la volontà di mettere lievito e sale nella pasta politica, tirar su giovani leve, dare giudizi invece che veleggiare in alto, ma così in alto da sembrare angioletti con l'arpa. Il documento è il primo testo importante che esprima il corso impresso al movimento da Davide Prosperi, milanese, 49 anni, presidente della Fraternità di CL, succeduto al 72enne don Julián Carrón. Se quest' ultimo è teologo ed esegeta dei Vangeli, prete fino in fondo, Prosperi è un laico, professore universitario alla Bicocca di biochimica e tecnologie molecolari (!). Nel testo si rivendica in pieno la continuità con don Giussani: tutto ciò che è umano, ci interessa. «La prima consapevolezza è che la nostra speranza, in ultima analisi, non è riposta nella politica. Tuttavia, la politica non può non interessarci». Ed ecco le priorità, espresse come una sferza senza perifrasi: 1) Guerra in Ucraina. «La ricerca della pace non può che essere al centro dell'impegno di chi si dedica alla politica animato da un ideale cristiano». 2) Ridare senso e forza alla politica. «Le prossime elezioni sono un'opportunità per la politica di riguadagnare il ruolo che in questi anni ha quasi del tutto perso. La trentennale delegittimazione della classe politica e la sua resa a soggetti estranei alle dinamiche del consenso elettorale (una resa che in certi casi è stata necessaria) hanno svuotato di senso e dignità la sua opera. È anche evidente che il problema della rappresentanza è aggravato da una legge elettorale deficitaria». 3) Bene comune, sussidiarietà, cioè più spazio alla libertà dei soggetti singoli o associati. 4) Difesa «della famiglia naturale». Sostegno a chi si sposa. 5) Libertà di educazione, sostegno alle scuole libere. 5) Tutela e promozione della vita dal primo momento fino al suo termine naturale. 6) Lavoro. Il documento arriva all'invito ai cristiani in politica di essere espressione di una «appartenenza», di «un'amicizia». Insomma: la scaturigine del nuovo corso non sta in una affermazione di valori astratti, ma nel portare con sé un'esperienza di vita nuova. La fine dell'unità dei cristiani in politica è ovvia, ma questo non significa ridurre il cristianesimo a un fatto privato che in politica diventa opinione qualsivoglia. Cioè: CL torna in prima fila, prendendo di petto la disgregata pasta della società, provando a legare con un fiotto di ideali la speranza tradita. In qualunque partito.
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DESIDERI E SFERZATA
Certo poi ci sono i messaggi percepibili dalla scelta delle parole e dai toni. La gerarchia di priorità sposta CL più sul centro del centrodestra. Voci bene informate spiegano che il Vaticano vuole bene a tutti ma di più a Giorgia Meloni, non perché di "destra", ma per la passione e sincerità che comunica nel suo modo di dirsi «madre e cristiana» (in prima fila il cardinale Parolin, segretario di Stato). La Cei, cioè oggi il cardinale onnipresente e onnipresidente Zuppi con il cuore sta con il Pd, con la mente è sinceramente equidistante, con le parole ci prova ad esserlo. La Cei si esprime su Avvenire affidandosi, oltre che all'ottimo direttore Marco Tarquinio, allo storico Agostino Giovagnoli: votate qualsiasi partito, meglio se c'è uno di Sant' Egidio. Forse merito di queste prese di posizioni senza titubanze è anche della sferza di Ernesto Galli della Loggia. Il suo editoriale del 28 agosto sul Corriere della Sera aveva scosso palazzi e palazzetti. Con cupezza amara il laico Galli della Loggia aveva lamentato, «l'eclissi politica» dei cattolici, il loro rinchiudersi nella bravura privata, applaudita, ma irrilevante nel «discorso pubblico». Per di più compiacendosi di ciò. Ecco. Adesso si agita qualcosa di profondo. Che incida o meno, lo sa Dio, e forse - con tutto il rispetto neanche Galli della Loggia.
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