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Giorgia Meloni, un voto che difende opinioni e portafogli

Pietro Senaldi
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La vittoria del centrodestra non è, come si sono ostinati a dire fino all'ultimo momento gli arruffapopolo della sinistra con l'attico in centro e lo stipendio pagato dai soliti super milionari con la residenza fiscale - personale o delle loro aziende - all'estero, una minaccia per la democrazia. Al contrario, è il suo trionfo, il disperato e inarrendevole tentativo della maggioranza dei cittadini italiani di avere un premier eletto da loro, e di conseguenza un governo che li rappresenti più direttamente. La sinistra ha impostato la sua campagna elettorale rievocando come uno spauracchio il ventennio fascista risalente a cent' anni fa per far dimenticare che, nei suoi piani, anzi nella sua agenda, c'era - e forse c'è ancora - l'idea di propinarci un ventennio, oggi, con gli uomini del Pd a reggere o sostenere un governo sconfitto nelle urne, nato da ribaltoni, emergenze e ingerenze straniere.

 

 


Non ci riferiamo a quelle di Putin bensì a quelle della super commissaria europea von der Leyen e dei suoi predecessori non eletti dal popolo, come non eletto è chi, dall'Italia, talvolta si è prestato ad agevolare queste manovre in nome di un interesse nazionale superiore che non si è mai riscontrato nei fatti. Dopo 11 anni con a Palazzo Chigi il risultato di un accordo di potere tra i partiti orchestrato sempre dalla sinistra, oggi il centrodestra ha l'occasione di prendere il piatto e allestire un governo politico e realmente rappresentativo. È bene che i suoi leader si mettano di buzzo buono. Chi ha vinto non indulga in smargiassate e non infierisca sugli alleati, chi si aspettava di più se la metta via, collabori e lavori per il futuro, stando attento a non cercar miglior fortuna in mangiatoie altrui, che danno sempre un sollievo magro, non definitivo e alla lunga esiziale. Se Meloni, Salvini, Berlusconi, Lupi, Brugnaro e Toti non ce la faranno, non resteranno compatti, arriveremo al prossimo giro sfiniti da un ventennio di tecnocrazia extraparlamentare e sovranazionale che si è imposta sugli eletti per interesse di una minoranza di loro. Ove accadesse, difficilmente saranno perdonati e avranno un'altra opportunità.


ARIA DI CAMBIAMENTO
Al di là dei meriti personali della leader, il fatto che quello della Meloni sia risultato per distacco il partito più votato, non solo umiliando il Pd ma arrivando anche in parte a cannibalizzare gli alleati, è la prova della volontà di cambiamento degli italiani, superiore a qualsiasi condizionamento ideologico e finanche ai calcoli personali. Giorgia è prima perché brava, coerente, donna, ma soprattutto perché è la novità delle elezioni. È in politica da trent' anni certo, sottolineano i suoi denigratori, ma mai come protagonista, la differenza, ossia la novità sta tutta lì. Si dirà che il centrodestra non è maggioranza assoluta e che, se Letta fosse riuscito a riunire tutto il campo largo della sinistra, la partita avrebbe potuto avere un esito opposto. Non è che con i se e i ma non si fa la storia, è che proprio non è vero.

 

 

LE LITI A SINISTRA
Il campo largo della sinistra, a differenza di quello del centrodestra, che seppure litigarello è solido e imperituro, infatti non esiste, è un campo di battaglia tra fazioni. Il segretario del Pd, se Calenda non lo avesse mollato perché la sinistra del partito, cioè i suoi veri capi, gli ha imposto di mettere in lista Fratoianni e i Verdi, i dem avrebbero pagato dazio a De Magistris, Rizzo e compagni. D'altro canto M5S, che con Fdi è il vincitore delle elezioni, non sarebbe mai risorto se non si fosse divincolato, suo malgrado, dall'abbraccio mortale con i finto-progressisti. Conte è stato abile a fare di necessità virtù e ha cavalcato le praterie che gli ha lasciato Letta, concentrato a parlare di Ungheria ed Europa mentre i poveri, che con M5S e i dem sono raddoppiati e non spariti, chiedevano reddito di cittadinanza e bonus. Tutti gli altri, che poveri non vogliono diventarlo, chiedono una risposta al caro bollette e all'inflazione, che non hanno trovato né nell'agenda Draghi né nel programma del Pd, tutto cannabis, nozze gay e mancette ai ragazzi. È per questo che, sebbene ci proveranno in ogni modo, qualsiasi tentativo dei sinistri di tornare al potere sarebbe un attentato non solo alla democrazia, ma alla stabilità e alla vita del Paese. Gli italiani che hanno votato centrodestra hanno scelto per, non contro. I partiti che ora sono chiamati a governare hanno le loro, inevitabili e giuste, differenze, ma condividono una visione di Paese, un indirizzo, un modo di porsi in Europa e nel mondo. Soprattutto, rappresentano un popolo affamato di libertà e desideroso di vedere rispettati le proprie opinioni e il proprio portafogli. Qui sta la sfida che attende Meloni e soci. 

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