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Elezioni, la società "liquida" della sinistra non piace agli italiani

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Gianluca Mazzini
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È la storia della sinistra. Soprattutto italiana. Dopo decenni di esilio forzato, i partiti "progressisti" sono stati cooptata nei sistemi di potere capitalistici. Con la caduta del Muro di Berlino sono cambiati slogan e parole d'ordine ma questi partiti, per non perdere consenso, hanno creduto di poter irretire l'elettorato mettendo da parte le istanze economico-sociali. Obiettivo: proporre in cambio quelle che in Francia sono definite conquiste "societali". Passando da Marx al filosofo liberista Turgot e al suo motto "laissez-faire" (lasciar fare), le sinistre hanno sovrapposto le libertà economiche con quelle politiche. Trasformando il liberalismo economico in liberalismo politico.

 

Non è un caso se in questa campagna elettorale la sinistra ha attinto a piene mani dal suo nuovo armamentario progressista: difesa dell'aborto, teorie gender, ecologia, antifascismo, depenalizzazione delle droghe, abolizione delle frontiere. Il tutto per lasciarsi alle spalle la difesa del lavoro e del proprio popolo. In pratica un sostegno incondizionato alla creazione di una "società liquida" frutto di una deregolamentazione morale funzionale alle strategie dei ceti dominanti. Tutti disvalori che, a ben guardare, restano minoritari per i popoli ai quali si vorrebbero applicare.

 

Sintomatico il caso del sondaggio commissionato dalla onlus Pro Vita e Famiglia su tema "Gender e Scuola". Risultati chiari: il 92% degli italiani ha sentito parlare di teorie gender ma solo il 32% concorda con queste (48% contrario, il 20% non esprime giudizi). Il 50% degli intervistati ritiene che non esistano infinite identità sessuali oltre il maschile e il femminile. Per il 60% degli intervistati un uomo che si percepisce donna non può competere negli sport femminili e per il 51% che non può usufruire di bagni e luoghi riservati alle donne.
Clamoroso poi l'esito sull'impatto della teoria gender in ambito scolastico. Il 79% degli italiani difende il diritto dei genitori di scegliere come educare i figli su temi inerenti sessualità e affettività. L'81% ritiene che le scuole debbano preventivamente coinvolgere le famiglie in caso di corsi o progetti su questi temi. E per il 58% è sbagliato sostituire le parole padre e madre con genitore 1 e genitore 2. Per concludere, la netta maggioranza degli italiani (66%) si esprime contro la possibilità di sottoporre un minore incerto sulla propria identità sessuale a terapie di transizione di genere comprensive di farmaci o interventi chirurgici e il 75% ritiene che, in questi casi, il minore dovrebbe poter ricevere assistenza psicologica per riconciliarsi con il proprio sesso biologico. «Questi risultati- spiega Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita e Famiglia- dicono chiaramente che gli italiani non vogliono corsi e progetti Lgbtqia+ nelle scuole».
È la riprova che i dogmi sociali della sinistra non interessano alla maggioranza degli italiani nonostante la propaganda. Al posto dei valori "societali" gli italiani attendono risposte agli angosciosi problemi reali che li riguardano davvero: guerra, crisi energetica, disastro economico.

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