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Giorgia Meloni, ora il centrodestra aiuti il polo liberale

Andrea Bernaudo
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Abbiamo letto Alessando De Nicola (Repubblica 1/10/2022) sul "futuro dei liberali" e gli interventi su Il Tempo del presidente di Fondazione Einaudi Giuseppe Benedetto e vogliamo rispondere. In Italia c'è un'opa ostile di Renzi e Calenda sull'area liberale. Il "terzo polo" gioca sull'ambiguità del "liberalsocialismo" per tenere il piede in due staffe: da una parte guardano al Pd e dall'altra vogliono usurpare l'area anti-statalista, ma le due cose non si tengono. Il liberalsocialismo è una corrente politica che va superata. O sei liberale o sei socialista. Questa ambiguità - politica e culturale - in Italia ha imperato e ha già fatto troppi e ingenti danni ed i risultati sulla nostra economia ne sono la dimostrazione.

Analizzando la forza politica dei liberali in Europa, in quanto tali, a parte l'Olanda, non hanno mai avuto la consistenza per governare direttamente. In Spagna Ciudadanos si è alleato col partito popolare spagnolo e non con la sinistra. In Portogallo Iniziativa Liberale si oppone al governo socialdemocratico. Nei paesi scandinavi, in Svezia, Danimarca i partiti liberali stanno nel centrodestra, mai con la sinistra, così in Finlandia il partito della Coalizione Nazionale non sta con i socialdemocratici. Per quanto riguarda la Francia, Macron e il suo partito non possono definirsi liberali, né liberisti, semmai "liberalprogressiti" e non è una distinzione da poco. Questi aspetti andrebbero approfonditi quando si parla del rassemblement europeo di Renew Europe.

 

 

Noi liberali dovremmo avere il coraggio di riconoscere che se c'è qualcuno nell'Europa degli ultimi decenni, senza dimenticare la rivoluzione liberale di Reagan negli USA, che ha fatto grandi riforme in senso liberale e liberista è stata soltanto Margaret Thatcher, leader del partito dei Conservatori britannici. I liberali inglesi quando sono tornati al governo nel 2010 lo hanno fatto alleandosi col partito conservatore di David Cameron.

Per tornare in Italia l'articolo di De Nicola è troppo generoso nell'estendere la categoria di liberale a Mario Monti. L'azione del governo Monti è stata solo ipertassazione fatta per rincorrere la spesa pubblica, nulla di liberale. È invece probabile che il Pd in futuro venga risucchiato in un'alleanza con i 5 stelle, Fratoianni e Bonelli e che Renzi&Calenda (ammesso e non concesso che continuino a stare insieme)- magari con la Bonino - diverrebbero così "terzi" rispetto ad un blocco così spostato a sinistra. Non abbiamo, tuttavia, alcun segnale che possano attuare politiche liberiste, vista la formazione keynesiana e socialista dei principali attori. Ma in Italia stiamo soffocando di statalismo e serve una svolta liberista. Il centrodestra fino ad oggi non ha saputo e voluto affrontare questa emergenza, seppur si è manifestato meno incline a tartassare.

 

 

Allora più che lavorare per un terzo polo a matrice keynesiana si dovrebbe cercare di irrobustire l'area liberale e liberista per poi puntare a contaminare il centrodestra, come accaduto con successo in molti stati europei e non andare con chi ha abiurato il liberismo. I partiti del centrodestra dovrebbero collaborare a questo cambiamento e favorire la crescita di un partito liberista autonomo. Il vero ostacolo a una affermazione di politiche liberiste in Italia è l'assenza di ministri liberisti nei dicasteri economici, ma anche la mancanza di disponibilità del centrodestra a scelte forti. Giova qui ricordare la recente posizione sulle liberalizzazioni dei servizi pubblici locali, sulla concorrenza e l'assenza di proposte per ridurre la spesa pubblica. La vera sfida dei liberali in Italia è quella di partecipare alla costruzione di una grande area conservatrice (della libertà) e liberista (sul piano economico e fiscale) sul modello inglese. Questa dovrebbe essere anche la vera partita politica di Giorgia Meloni e del nuovo corso del centrodestra. 

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