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Isteria a sinistra per i nuovi ministeri: "Nomi medievali". Come rosicano...

 Laura Boldrini

Tommaso Montesano
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Rieccoli, i rosiconi. Potevano mai mancare nel giorno dell'incarico a Giorgia Meloni di formare il nuovo governo? No che non potevano. Troppa ghiotta l'occasione, una volta conosciuta la lista dei ministri, di riprendere il discorso lasciato aperto dopo il voto del 25 settembre. E se è scontato il grido di battaglia di Enrico Letta, segretario del Pd leader della minoranza parlamentare- «dico ancora più convintamente opposizione, opposizione, opposizione» - lo è meno l'elenco di dichiarazioni da fine del mondo dei soliti noti: registi, rappresentanti di associazioni, magistrati e movimenti di sinistra che gridano al «pericolo nero» e alla scarsa partecipazione femminile. Facendo passare in secondo piano, al contrario di quello che fa- onore al merito- proprio Letta, il «fatto storico» che a Palazzo Chigi per la prima volta nella storia italiana ci sia una donna.

 

Prendiamo il regista Paolo Virzì, ad esempio, cui la nascita del primo ministero Meloni ha rovinato la giornata alla Festa del cinema di Roma. «Esco contento da questa sala, ma stasera il Tg mi sciuperà questo momento». Colpa di Giorgia: «Da cittadino e genitore guardo con preoccupazione a quello che sta succedendo». Del resto, come scrive su Twitter Arturo Scotto, fondatore di Articolo Uno, quello che giurerà oggi al Quirinale è il «governo più a destra da almeno un secolo a questa parte. Ministeri dal nome bizzarro che evocano un tempo antico. Antichissimo». E ancora: siamo in presenza di una «pennellata di nero sulla vita della Repubblica».

In serata, a Ottoemezzo, Tomaso Montanari, rettore all'università di Siena, si arrabbia quando in studio sembrano non rendersi conto della gravità della situazione: «È un governo di estrema destra, post-fascista, alla guida del Paese lo vogliamo dire?». Sui nomi dei ministeri ha da ridire pure Laura Boldrini: «Ministero dell'agricoltura e della sovranità alimentare... che vuol dire? Metteranno fuori legge l'ananas? Ministero delle pari opportunità insieme a famiglia e natalità: siamo a Roma o a Versavia? È il governo della destra retrograda, autarchica e un po' grottesca». Per Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana «mancano solo il dicastero delle Colonie e quello delle Corporazioni».

Pochi minuti dopo l'ufficializzazione della lista dei ministri, Anna Ascani (Pd) affida al solito Twitter tutta la sua frustrazione, bollando l'esecutivo Meloni come un «governicchio» partorito da una maggioranza «che sta insieme con la colla». «La restauratrice chiusura del cerchio... 18 uomini e 6 donne», fa di conto Barbara Pollastrini, pure lei del Pd. Quello della scarsa rappresentanza femminile, nonostante perfino Letta la pensi diversamente, è il chiodo fisso dei dem. «Un governo con sole sei donne su 24», ripete Simona Malpezzi, capogruppo del Pd al Senato, che pure non era certo ministro con gli esecutivi appoggiati dal Nazareno.

 

SOS DIRITTI
Un fronte caldo è quello dei "diritti". Nel mirino c'è Eugenia Roccella, ministro della Famiglia. «Rappresenta la manifesta volontà del nuovo governo di far regredire l'Italia sul fronte dei diritti e della libertà delle persone. Saremo fermissimi perché si eviti qualsiasi tentazione di una deriva polacca o ungherese», promette Ivan Scalfarotto di Italia Viva. Per Rosario Coco di Gaynet, Roccella al governo è una «provocazione» figlia dell'«integralismo» e il movimento «sarà presto in piazza per rispondere a questa provocazione». Del resto il circolo di cultura omosessuale "Mario Mieli" con una nota comunica di essere pronto «alla guerra e alle barricate per i nostri diritti», messi a rischio dal pericolo di «anni di oscurantismo e di Medioevo». E che dire dei magistrati, di cui il quotidiano La Repubblica ha diffuso i giudizi a proposito del nuovo ministro della Giustizia, Carlo Nordio? L'ex procuratore aggiunto di Venezia giurerà come Guardasigilli solo stamattina, ma dalle toghe è già partito il fuoco di fila. Casus belli, l'incontro a Villa Grande con Silvio Berlusconi nei giorni scorsi. Ecco, così, da una chat, i commenti al vetriolo di un procuratore - «il quasi ministro incontra il politico mandato a processo per cercare il suo assenso: premessa illuminante» - e di un giudice: «Bella partenza come senso istituzionale».

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