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Giuseppe Valditara, la sua scuola: "Il concetto di patria e autorevolezza"

Giuseppe Valditara

Francesco Specchia
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«Care studentesse e cari studenti, bisogna onorare quei ragazzi che in nome di un ideale hanno sacrificato la vita. Nella giornata di oggi si celebra infatti un percorso storico e simbolico che coinvolge le ragioni più profonde della nazione, il senso stesso del nostro essere comunità...». Perduto - come diceva Chateaubriand - dietro un inesorabile senso dell'onore, il neo ministro dell'Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, in occasione del 4 novembre, invia una lettera agli studenti italiani. Dentro vibrano valori antichi e patriottici sul metro dell'educazione scolastica. È la prima volta- a memoria di cronista e di governo - che accade.

Caro ministro, lei ha colto la giornata dell'unità nazionale e delle Forze Armate - molto snobbata a sinistra, essenziale alla destra - per rilanciare concetti risorgimentali. La "patria", con questo governo sta diventando narrazione?
«Be', è importante che i giovani tornino a riflettere su alcune date simboliche della nostra storia nazionale. La nostra identità non può prescindere da ciò che rappresentano il Risorgimento e la prima guerra mondiale, che può ben essere visto come momento conclusivo del nostro percorso di unificazione nazionale».

Ecco, questa è una cosa (piacevolmente) identitaria, molto di destra, direi: concetti antichi rispolverati dall'oblio delle globalizzazione.
«Be', c'è, soprattutto, da preservare e rivalutare il concetto di "appartenenza", di "patria", senza cadere, naturalmente in quello di nazionalismo che del patriottismo è la degenerazione. Negli altri paesi europei il senso di appartenenza ad una comunità nazionale è naturale, e molto sentito. Riscoprire valori fondanti che diano una identità, una coscienza nazionale è necessario anche per integrare positivamente gli immigrati, per offrire loro valori chiari che possono essere accolti e condivisi. Senza consapevolezza di ciò che ci appartiene, del nostro passato, di valori forti rischiamo una società frammentata, disgregata».

 



 

Dio, patria e famiglia, dunque. Alcuni suoi avversari politici - come la rivista Micromega di Flores D'Arcais- la accusano di essere «un eversore» di destra. Lei si sente molto eversore? Molto «legge e ordine»?
«Non c'entra nulla col concetto di "legge e ordine", qui non c'è nulla di prescrittivo né di autoritario. È un invito alla riflessione, a considerare, appunto, i valori di riferimento per definire la nostra storia e identità. Se però le istituzioni non pongono i temi del dibattito, non stimolano una riflessione valoriale, tradiscono il loro ruolo, dimostrano che la repubblica non propone modelli ed esempi».

Ricito Micromega (ma vale per tutta la sinistra): «Valditara usa il merito come randello ideologico». Ci si ritrova?
«No».

Per equità, danno addosso anche ad Angelo Panebianco, che sul Corriere della sera caldeggia l'idea di ribaltare la scuola attraverso il "randello ideologico". Affermano che, col merito, le vuole minare le basi stesse della società. Come trova la teoria?
«Sul "merito" trovo che ci sia stato un atteggiamento prevenuto, ovvero di involontaria accettazione di una società classista dove chi nasce povero continua ad essere povero. Ho avvertito la reazione di chi nei fatti accetta la cristallizzazione della società in uno schema quasi castale, senza capire che il merito consiste nella valorizzazione dei talenti di ognuno, in una scuola che tiri fuori e valorizzi la ricchezza che c'è in ogni studente».

 

 

Mettiamoci anche le indicazioni dell'articolo 34 delle Costituzione, sui "meritevoli" senza ignorare l'inclusione.
«Certo. Dobbiamo poi considerare che l'indicazione dell'art.34 assegna ai più meritevoli in condizioni disagiate di ottenere aiuti e borse di studio. E questo è un altro modo per ripristinare un ascensore sociale».

È notizia di ieri il pugno - e la sospensione - di un prof esasperato a uno studente provocatore. Sono notizie dell'altroieri e dei mesi precedenti, invece, i pestaggi continui di insegnanti ad opera di parenti di studenti. Cosa sta succedendo, ministro?
«Nella scuola è saltato da tempo il riconoscimento della autorevolezza dei docenti. Dobbiamo ripristinarla nella società e nelle classi. Assistiamo ad una delegittimazione del docente che in qualche caso parte dalle famiglie. Quando andavo a scuola io, a cavallo degli anni '70, e ricevevo una nota o un brutto voto, i miei genitori si mettevano sempre dalla parte dell'insegnante. Per converso anche gli insegnanti devono avere sempre alto il senso della propria professione, mai tradendola con parole o comportamenti che non siano consoni alla loro straordinaria missione educativa. Più in generale c'è un grande tema, quello del rispetto: dei docenti, degli studenti, e pure dei beni pubblici».

Ci hanno provato in molti, e non è andata benissimo, la scuola è materia esplosiva...
«E il mio impegno sarà per riportare in tutte le scuole d'Italia un clima sereno, maturo, responsabile, con una scuola che dia agli studenti gli strumenti per realizzarsi nella vita ed in cui si ripristini l'autorevolezza dei docenti». 

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