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Papa Francesco tradito dai cattolici: alla marcia della pace...

Papa Francesco

Antonio Socci
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Un tempo la sinistra riconosceva di soffrire della "sindrome di Tafazzi" (dal nome del comico dedito a una pratica masochista). Oggi è passata al suicidio (politico) assistito: fa harakiri davanti a milioni di italiani. Sebbene i media evitino di infierire, come invece farebbero con il centrodestra, la situazione è grave (ma non seria). Dopo l'autoaffondamento elettorale del 25 settembre, è arrivata la replica con le manifestazioni "per la pace" del 5 novembre.

Pure un intellettuale d'area come Michele Serra ha riconosciuto il caso tragicomico: «A giudicare dalla piccola sparatoria verbale fra Conte e Calenda, lo scopo recondito della grande manifestazione pacifista romana e di quella più piccola di Milano era farsi la guerra fra loro».
La contrapposizione feroce fra le due manifestazioni (entrambe di centrosinistra) è politicamente clamorosa perché segna una spaccatura insanabile: ora «mettere Conte e Calenda attorno a uno stesso tavolo» ha aggiunto ancora Serra «è più difficile che farlo con Putin e Zelensky».

Ma non è stata l'unica guerra. All'interno della manifestazione romana ce n'era un'altra, ancora più micidiale: quella di Conte (e del M5S) contro il Pd. In pratica una guerra di demolizione e di conquista. Che Letta, nella piazza pacifista, sia stato inseguito da fischi e insulti non sorprende, dal momento che lui e il suo partito (col "ministro della guerra", Guerini) sono stati, in questi mesi, i più zelanti paladini della co-belligeranza della Nato in Ucraina.  Stupisce semmai che il segretario Dem non abbia capito cosa lo aspettava o - sapendolo - si sia tuffato in quella disfatta. E che abbia perfino voluto aggiungerci una pennellata di grottesco dal momento che il suo partito ha partecipato a entrambe le (contrapposte) manifestazioni.

 

 

Cosicché Marco Travaglio ha potuto giustamente ironizzare su questo «Letta a due piazze». Metafora di un partito frastornato, senza più timoniere e senza identità. D'altronde gli altri antagonisti non stanno meglio. Conte ha messo il cappello sulla manifestazione pacifista di Roma e, come se avesse le carte in regola, ha tuonato intimando al governo Meloni di non "azzardarsi" a decidere un nuovo invio di armi in Ucraina senza passare dal Parlamento.

Ha avuto gioco facile Crosetto a ricordagli la sua incoerenza: «Il ministro della Difesa sta facendo - per spiegarlo bene a Conte - quello che lui e altri hanno deciso di fare dicendo sì ai 5 decreti per l'invio di armi decisi dal governo Draghi del quale i Cinque Stelle erano il maggior sostegno parlamentare». In sostanza, nessuno del centrosinistra - dal Pd, al M5S, al gruppo Calenda/Renzi - aveva titolo per andare in piazza a pontificare sulla "pace" e a farsi portabandiera del dissenso degli italiani (la maggioranza) dalle scelte belliche del governo Draghi. Le associazioni pacifiste che hanno regalato la platea a questo festival dell'incoerenza e del trasformismo dei partiti di Sinistra, con le loro liti da cortile (Serra li paragona ai polli di Renzo), non hanno reso un bel servizio all'ideale della pace che volevano affermare.

Ma soprattutto stupisce che le associazioni cattoliche si siano prestate a questa strumentalizzazione e sconcerta che il cardinale Zuppi in persona, come presidente della Cei, abbia coinvolto la Chiesa in un tale Circo Barnum partitico. Non era mai accaduto prima. Ma d'altra parte era prevedibile che un prelato così coinvolto con la comunità di S. Egidio trascinasse la Chiesa italiana nel rissoso calderone politico della sinistra.

 

 

Peccato. Perché la grande testimonianza profetica di papa Francesco che, in questi mesi, con dolore e realismo, ha parlato alla coscienza di tutti i responsabili del conflitto, non doveva essere trascinata dentro una così misera zuffa tra partiti incoerenti, opportunisti e confusi. Altro che società civile. Le associazioni cattoliche hanno convogliato la loro gente, che voleva seguire l'insegnamento del Papa, in una piazza politicizzata e strumentalizzata, divisa fra «lo stato d'animo filo-russo» (secondo quanto scrive Stefano Folli), l'ultra atlantismo di una parte dei Dem, il trasformismo di un'altra parte dei Dem e quello di Conte che contende a Calenda le spoglie del Pd.

Una rissa partitica a cui si è aggiunto pure il protagonismo del leader della Cgil Landini, il quale - sia per emergere come leader a sinistra, sia per ricominciarea fare opposizione al governo (mai fatta a Draghi) - ha provato a trasformare la manifestazione pacifista in mobilitazione anti-Meloni polemizzando con la legge anti-rave e con la politica sull'immigrazione. A questo punto sarebbe facile per il centrodestra tirare un rigore a porta vuota e archiviare tutto con una battuta: non c'è pace nella sinistra, c'è guerra. Ma così sbaglierebbe. Sia perché della pace l'Italia e il mondo hanno un bisogno vitale (e anche negli Usa cominciano a capirlo). Sia perché la nobile testimonianza di papa Francesco merita l'ascolto rispettoso del governo Meloni. E non va confusa con la rissa partitica andata in scena il 5 novembre.

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