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Meloni e Putin? "In Russia dicono che...": l'ultima porcheria di Repubblica

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I desiderata della propaganda russa ripresi paro-paro da Repubblica, con una firma d'eccezione: Andrea Romano, ex parlamentare del Pd, storico e grande esperto di cose post-sovietiche. Bene, da mesi Giorgia Meloni ripete al mondo la sua linea filo-atlantica e filo-ucraina, provocando anche le rabbiose reazioni delle istituzioni vicine al Cremlino. Poi succede che nelle ultimi ore, con l'esercito russo in Ucraina sempre più in difficoltà e il potere di Vladimir Putin traballante, la stampa più vicina al potere di Mosca inizia a pubblicare auspici e analisi assai di parte in cui si spiega, anzi si spera che il governo Meloni cambi spesso rotta e si riavvicini alla Russia. Solo congetture e supposizioni, nessun dato concreto perché le parole e i fatti, finora, sono stati chiari. Ma serve una pezza d'appoggio in patria, per dare respiro a lettori sempre più sfibrati e scettici sulle scelte del regime, e la carta dell'Occidente che tentenna e sta per tradire Kiev e Washington è perfetta da giocare. Quel che stupisce, ma fino a un certo punto, è che al giochetto sporco si accodi con un bel po' di pelo sullo stomaco anche Repubblica. Schema scoperto: ricordare l'incontrovertibile, e che cioè che fino a oggi Meloni non ha mai tentennato. Epperò, contemporaneamente, instillare il dubbio creato ad arte della stampa putiniana. Al lettore italiano di sinistra resta in bocca un saporaccio, la straniante sensazione di avere a Palazzo Chigi una collaborazionista del nemico, inconsapevole. Tutto torna, insomma. 

 

 

 

 

 

Romano cita così un editoriale del sito Pravda.ru (solo omonimo del giornale comunista), molto letto, che dopo la vittoria elettorale del centrodestra affidava a Ljubov Stepushova questa profezia: "Meloni ha promesso agli elettori energia pulita, sicura e conveniente () È chiaro che non sarà possibile abbassare il prezzo dell'energia senza tornare ad essere leali verso di noi. Per questo la sopravvivenza del governo si giocherà sulla riduzione dei prezzi dell'energia, ma nessun ribasso sarà possibile se saranno mantenute le sanzioni verso la Russia". Poi la Komsomolskaja Pravda, il quotidiano più letto del Paese, con Evgenij Suchkov che il 22 ottobre, giorno dell'insediamento del governo, esultava: "Sono numerosi i ministri che mostrano un atteggiamento più costruttivo verso il nostro paese". Addirittura Antonio Tajani viene descritto come "relativamente filorusso" e "certamente orientato a una politica estera più equilibrata del suo predecessore Di Maio, che era invece sprofondato nella più smaccata russofobia".

 

 

 

 

Per non parlare di Giancarlo Giorgetti, filo-draghiano e "americano" della Lega, definito dai russi "la grande sorpresa, uno dei politici italiani più razionali che avrebbe espresso in più occasioni la propria ammirazione per Putin e per il suo impegno a sostegno dei valori tradizionali. Il suo ministero potrebbe rivelarsi una delle principali locomotive sui binari della revisione delle sanzioni anti-russe, in considerazione delle ombre di crisi economica che si vanno addensando sopra l'Unione europea". Paccottiglia d'archivio, decontestualizzata, senza riferimenti all'attualità e al nuovo mondo nato dopo il 24 febbraio.

 

 

 

 

Roba da propaganda di regime, ovvio. Ma che Repubblica fa sua solo perché ha interesse a mettere in cattiva luce il governo italiano. Come quando, quasi comicamente, Romano riporta l'articolo del 10 novembre di Lenta.ru, sito controllato dal gruppo Sberbank, che citava l'intervista del ministro della Difesa Guido Crosetto al Messaggero spiegando come addirittura "avrebbe annunciato la fine delle forniture di armi a Kiev". Fantasie, come ammesso dallo stesso Romano, che riconosce a Crosetto di aver detto nella stessa intervista di "non escludere che possa esserci in futuro un nuovo provvedimento" e che l'Italia "sta ultimando la fornitura degli approvvigionamenti promessi dal governo precedente". Inezie, dettagli trascurabili. Quel che conta è "la fiducia della stampa russa nella Meloni". E in Repubblica, evidentemente.

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