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Meloni, il centrodestra tratta sull'elezione diretta di presidente o premier

di Fausto Carioti lunedì 12 dicembre 2022

Giorgia Meloni

3' di lettura

Parte il cantiere del presidenzialismo. Ammesso che presidenzialismo sia: alla prova dei fatti la «elezione diretta del Presidente della Repubblica» annunciata nel programma elettorale del centrodestra potrebbe trasformarsi in qualcosa di diverso. Non troppo diverso, se si andrà verso il modello del premierato, ossia l'elezione diretta del capo del governo, che conviverebbe con un presidente della repubblica eletto col sistema attuale. È una delle possibilità, e la notizia è proprio questa: il governo, finora orientato sul modello francese (il capo dello Stato è eletto direttamente dal popolo e nomina il primo ministro), non ha intenzione di legarsi ad un solo modello istituzionale, ma vuole trovare un'intesa almeno con una parte dell'opposizione, ossia col "terzo polo" di Carlo Calenda e Matteo Renzi, che già hanno espresso apprezzamento per la riforma (anche costituzionale) della giustizia progettata dal guardasigilli Carlo Nordio.
 

LA FINE DEI GOVERNICCHI Lo spiega il ministro per le Riforme istituzionali, la forzista Elisabetta Casellati: «Non ho delineato una strada da seguire, perché penso che serva prima un confronto con i partiti. E sulla base dei modelli che loro mi indicheranno, metterò a punto una proposta». L'unica condizione è che la riforma garantisca stabilità all'esecutivo, e chiuda l'epoca dei governicchi che cadono appena un gruppetto di parlamentari decide di cambiare casacca.

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Il primo passo, dunque, saranno le "consultazioni" che la stessa Casellati avrà con le delegazioni di tutti i partiti: dovrebbero iniziare in settimana e concludersi nel giro di una decina di giorni. Il sogno del ministro è presentare una bozza di proposta già prima di Natale, ma lei stessa sa che sarà difficile. Qualche segnale, però, agli esponenti di Fdi, impegnati a loro volta a sondare il terreno, è già arrivato. E i più interessanti, anche in pubblico, li hanno mandati proprio Calenda e Renzi, riassumibili così: non condividiamo il progetto di elezione diretta del capo dello Stato, ma siamo ben disposti a ragionare su qualcosa di simile al "sindaco d'Italia", ossia all'elezione diretta del premier. Gli abboccamenti che gli emissari di Giorgia Meloni hanno avuto con i democratici sono stati invece inconcludenti: sin quando non avranno il loro nuovo segretario, nessuna scelta sarà presa.
 

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RISCHIO REFERENDUM Almeno dentro Fdi, comunque, non c'è grande ottimismo sulla possibilità di riuscire a coinvolgere una quota d'opposizione sufficiente a superare in parlamento la soglia dei due terzi, che garantirebbe l'approvazione del nuovo testo della Costituzione senza correre il rischio di vederlo bocciato dal referendum popolare, come accadde nel 2016 alla riforma voluta da Renzi. E ci sono perplessità sull'idea di abbandonare il semi-presidenzialismo francese per abbracciare il premierato. «L'elezione diretta del presidente del consiglio», spiegano da Fratelli d'Italia, «non c'è da nessuna parte nel mondo, non avremmo nemmeno un modello da cui partire». In compenso, da Fdi assicurano che l'asse con la Lega è solido: «Salvini vuole portare a casa l'autonomia regionale progettata da Calderoli, ha tutto l'interesse a non fare sorprese». I dubbi, i meloniani, li hanno invece su Forza Italia, «che è nervosa e non pare essersi placata con la nomina di Valentino Valentini aviceministro del Made in Italy».


Deciderà la Meloni, quindi, se, chiusa la pratica della legge di bilancio, il governo e la maggioranza dovranno intraprendere questa nuova sfida, sapendo quanto siano incandescenti materie come l'elezione diretta del presidente della repubblica o del premier, e la separazione delle carriere dei magistrati e le altre novità previste per la giustizia. «Il presidente sa che presto dovrà scegliere se fare un atto di forza e andare avanti, sfidando una parte dell'opposizione», dice chi le ha parlato. Ma che altro può fare? Rinunciare significherebbe perdere l'iniziativa politica e languire. «Non è da lei», ammettono i suoi.

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