Premessa: «La flessione c'è». Eccome se c'è: «Il Pd perde tra i tre e i quattro punti rispetto alle elezioni politiche». Che già non erano state lusinghiere per idem, scesi sotto la soglia psicologica del 20% (19,07% alla Camera; 18,9 al Senato). Ma ora va pure peggio. Tuttavia, osserva Antonio Noto, direttore di Noto Sondaggi, sarebbe sbagliato attribuire esclusivamente al Qatargate la responsabilità dell'ulteriore arretramento del Pd: «Lo scandalo pesa, ma il calo ci sarebbe stato comunque. Rispetto alle elezioni di settembre, i dem erano già in crisi: è un partito senza bussola, assente dalla scena politica».
Un sondaggio di Swg per la prima volta vede il Pd sotto il 15%: al 14,7%. I suoi numeri che dicono?
«Noi lo stimiamo tra il 15 e il 16%. Ma cambia poco: è in calo comunque rispetto alle Politiche. Non possiamo escludere che stia incidendo il Qatargate, ma questa flessione, che era già in atto, è dovuta ad altro».
A cosa, principalmente?
«Questo è il periodo peggiore per il Pd. C'è stata la sconfitta elettorale di settembre, che ha provocato delusione nell'elettorato. E poi non c'è un leader a tempo pieno: Letta è dimissionario e oltretutto la situazione per le alleanze per le Regionali di febbraio resta confusa».
Il "Qatargate", e in altra misura il "caso Soumahoro" - che pure non è un esponente del Pd - non aiutano.
«Quanto sta emergendo sul Qatargate è pesante, senza dubbio. Ma non incide in maniera significativa: si tratta pur sempre di parlamentari europei, poco conosciuti al grande pubblico. E poi parliamoci chiaro: non è la prima volta che il Pd ha a che fare con gli scandali...».
Sta dicendo che rispetto al rigore morale del Pci, gli elettori ci stanno facendo l'abitudine?
«Il Pd non ha nulla a che fare col Pd e il suo elettorato rispetto ad alcune questioni si è, come dire, assopito... Ormai alcuni fatti fanno breccia fino a un certo punto».
Gli elettori che lasciano il Pd, dove stanno andando?
«La prima cosa da dire è questa: un conto sono gli scandali, altro è la decisione di cambiare partito».
Mai dem comunque hanno perso alcuni punti rispetto alle Politiche di settembre.
«E infatti la maggior parte si è rifugiata nell'astensione, un po' sta scegliendo il M5S, mentre solo una minima parte sta optando per le liste alla sinistra del Pd».
I grillini sono destinati a prendere il posto del Pd come forza antagonista rispetto al centrodestra?
«Se analizziamo il peso dell'opposizione dal punto di vista mediatico, non c'è dubbio che al momento l'avversario principale del centrodestra sia Giuseppe Conte».
Una rondine non fa primavera?
«Tra poco si voterà in Lombardia e Lazio e sappiamo quanto soffre il M5S a livello locale, dove contano le preferenze...».
Per il Pd le primarie possono essere un'occasione di rilancio?
«Una nuova leadership produce sempre entusiasmo. Quindi è facile prevedere che all'inizio il Pd ne beneficerà. Poi bisognerà vedere, nei fatti, se il partito sarà gestibile. Sbaglio o l'area centrista è in subbuglio?».
Chi sarà il nuovo segretario del Pd?
«La classe dirigente del partito è con Bonaccini, ma votano anche i circoli. Dipenderà da quanto le primarie saranno di apparato o aperte. Più tenderanno verso l'apparato, più sarà favorito Bonaccini; viceversa, sarà meglio per Schlein».
Con questo Pd senza bussola, le elezioni regionali in Lombardia e Lazio le vincerà il centrodestra?
«In Lombardia sì. Il governatore uscente, Fontana, è davanti in modo significativo. Moratti e Majorino, a distanza, lottano per il secondo posto. Nel Lazio la situazione è più articolata».
Sarebbe a dire?
«Prima della presentazione dei candidati, tra centrodestra e l'asse Pd e Azione la situazione era grossomodo 40-30. Adesso bisogna vedere, penso soprattutto al centrodestra, se il candidato Rocca questo 40% lo farà crescere o diminuire. Certo, non depone a favore di D'Amato, candidato del centrosinistra, il fatto di aver avuto un mese di campagna elettorale di vantaggio senza sfruttarlo».