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Giorgia Meloni in Libia, il colpaccio dell'Eni

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La presidente del consiglio isolata sul piano internazionale è rimasta nel cimitero dei sogni della sinistra. Giorgia Meloni invece se ne vola a Tripoli assieme ai suoi ministri e ai vertici dell’Eni, per stringere nuove intese energetiche e discutere con le autorità libiche su come bloccare le partenze degli scafisti: il vero obiettivo da perseguire, visto che vietare gli sbarchi è impossibile. Venerdì 3 febbraio sarà poi a Stoccolma e Berlino, con un pensiero particolare per Emmanuel Macron: nella scala gli interessi il cancelliere tedesco Olaf Scholz viene prima del presidente francese, dal quale ancora non si è recata in visita, e anche questo è un segno dei tempi.Se ieri sera ancora non c’era la certezza assoluta del viaggio di oggi è per la prudenza dei servizi italiani, che daranno il via libera al volo solo se in Libia ci saranno le condizioni di sicurezza necessarie. Ma se tutto andrà come previsto, per i rapporti tra Roma e Tripoli sarà una giornata da ricordare.

 

 

 

Claudio Descalzi, amministratore delegato dell’Eni, siglerà un accordo con il presidente della libica National oil corporation (Noc). È il contratto più importante siglato dalla Libia negli ultimi venticinque anni, e prevede un investimento da 8 miliardi di dollari da parte del gruppo italiano per sviluppare due giacimenti di gas nelle acque davanti a Tripoli. Nel giro di tre anni e mezzo, questi dovrebbero iniziare a produrre 8,8 miliardi di metri cubi di metano l’anno: una quantità pari all’11% del fabbisogno italiano. Per l’Italia, che intende completare il distacco dai tubi russi e diventare l’“hub” europeo del gas africano, è un enorme passo avanti.

Il resto dei colloqui di oggi sarà dedicato alla tessitura di rapporti politici. Tripoli vuole una partnership economica forte con l’Italia, e l’interesse per il “piano Mattei” annunciato dalla Meloni è alto. Mentre il governo italiano ha interesse a bloccare le partenze dei barconi. La Meloni ne parlerà con il capo dello Stato libico, Mohammed Yunis Ahmed Al-Menfi, e col primo ministro del governo di unità nazionale, Abdel Hamid al-Dabaiba. Assieme a lei e a Descalzi ci saranno il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e quello dell’Interno, Matteo Piantedosi.

Quest’ultimo, in particolare, discuterà col suo omologo Imad Trabelsi di scambio di dati, pattugliamento delle frontiere, formazione del personale e probabilmente anche di cessione di mezzi dall’Italia alla Libia, allo scopo di migliorare il contrasto all’immigrazione clandestina. Il ritorno della presidente del consiglio è previsto per stasera, ma il suo riposto sarà breve. Già il 3 febbraio sono previsti due nuovi incontri. Uno, già certo, è quello fissato nel pomeriggio con il socialdemocratico Scholz. La prima visita del premier italiano a Berlino, utile ai due per fare insieme un giro d’orizzonte: `:. • come hanno spiegato ieri dal governo tedesco, sul loro tavolo (i ci saranno i rapporti bilaterali tra Germania e Italia, la politica dell’Unione europea e quella internazionale, che è come dire ogni possibile argomento.

 

 

 


Il tema scottante nel confronto con Scholz riguarderà le regole europee per gli aiuti di Stato. Gli Stati Uniti di Joe Biden stanno spendendo centinaia di miliardi di dollari in sussidi alle industrie delle tecnologie “verdi”, e ora queste produzioni potrebbero lasciare l’Europa per trasferirsi in territorio americano, attirate dai ricchi incentivi di Washington. Bruxelles deve rispondere in qualche modo e mentre la Germania, che i soldi li ha, crede che ogni Paese Ue debba avere i propri aiuti di Stato, l’Italia spinge per un piano europeo. Ma è importante pure il messaggio politico che si vuole spedire all’Eliseo. A Macron il rapporto privilegiato con Scholz serve anche per tagliare fuori l’Italia e la Meloni intende spezzare questo loro asse, sapendo che qualche buon argomento per trattare col cancelliere lo ha pure lei, a partire dall’intesa tra la Lufthansa e l’ex Alitalia.


Nella mattinata dello stesso giorno, la Meloni dovrebbe andare a Stoccolma, per incontrare il premier conservatore Ulf Kristersson, che in questo semestre è anche presidente del consiglio dell’Unione. Con lui il piatto forte saranno le politiche per l’immigrazione. Il segnale positivo il governo italiano lo ha avuto nei giorni scorsi dal commissario Ue per gli Affari interni, la svedese Ylva Johansson, la quale ha finalmente ammesso che la situazione dell’immigrazione irregolare in Europa è grave e occorre aumentare il numero dei rimpatri. Segni di un’Europa che in vista delle elezioni del 2024 inizia già a cambiare, e su cui la Meloni intende lavorare per rafforzare la propria tela.

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