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Giorgia Meloni, clamoroso Enrico Letta: "Non è male"

Antonio Rapisarda
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«Adesso? Semplice: abbiamo più di quattro anni e mezzo per lavorare...». Il giorno dopo il trionfo del «destra-centro», e di Fratelli d’Italia in particolare, alle Regionali in via della Scrofa si festeggia così: con la sobrietà e il profilo basso che ormai rappresentano lo stile invocato da Giorgia Meloni davanti alle vittorie. Stavolta, a differenza della notte del 25 settembre, addirittura con l’assenza totale sul proscenio del leader costretta anche ieri a casa (per questo ha dovuto rinunciare alle celebrazioni del 94° anniversario dei Patti Lateranensi) da un fastidioso attacco influenzale. Ciò che in ogni caso emerge con forza dal “test”, al netto della soddisfazione per aver riportato il Lazio a destra e per il primato conquistato in Regione Lombardia, è un dato politico che supera ampiamente i confini del pur importante voto amministrativo. Lo ha ribadito Meloni stessa adAffaritaliani.it, a proposito del fatto se il governo esca o no rafforzato e più unito da quest’ultima tornata. La sua risposta? «Certo».

EFFETTO TRAINO
Ciò che aggiungono i suoi a Montecitorio, interpellati da Libero, è che gran parte del merito è proprio dell’effetto traino garantito dal premier: ossia di chi ha «riunito» la coalizione dimostrando «di poter amplificare il risultato delle Politiche».

Tutto ciò è il portato dei primi 100 giorni di governo, promossi ieri persino dall’autorevole New York Times: «Meloni da quando è salita al potere si è fatta valere», annota il corrispondente dall’Italia. «Ha sorpreso molti mostrando una vena pragmatica». Il premier ha sorpreso persino il suo ex avversario per Palazzo Chigi, Enrico Letta: sui dossier finanziari ed europei «è stata migliore di quanto ci aspettassimo», ha dovuto ammettere al quotidiano statunitense. Amarissima, per i suoi compagni del Nazareno, la diagnosi dell’ex leader del Pd: «La realtà è che lei (Meloni, ndr) è forte. È in piena luna di miele, senza un’alternativa all’interno della maggioranza e con l’opposizione divisa». Davanti a spunti del genere la parola d’ordine, riflettono i suoi luogotenenti, è proseguire con questo passo: «Gli elettori lo hanno confermato: stiamo lavorando bene. Gli “uccellacci” che invocavano disastri dopo i nostri provvedimenti sono stati smentiti puntualmente...». Una road map che ha fatto bene a tutti, dato che non si è registrato quell’effetto “cannibalizzazione” di FdI nei confronti degli alleati che avrebbe potuto rappresentare un elemento di disturbo per la navigazione.

Con questo portato e con il corollario trapelato nelle ore scorse da ambienti di Palazzo Chigi riferito alle opposizioni («Gli italiani hanno penalizzato, anche con l’astensione, chi è occupato solo di mettere i bastoni fra le ruote a chi guida la Nazione») il premier è pronto ad affrontare gli appuntamenti e i dossier di primavera.

Prima stazione, fondamentale per il profilo internazionale del governo, è quella che la porterà Kiev entro il 24 prossimo: primo anniversario dell’invasione russa in Ucraina. Nessun disagio né dentro né fuori i confini per le dichiarazioni “in libertà” di Silvio Berlusconi su Voldymyr Zelensky, assicurano i meloniani: «Contano i voti in Parlamento. Su questo tutto centrodestra è stato compatto: senza mai alcuna defezione».

DOSSIER DELICATI
Grande attenzione, ovviamente, sul dossier Pnrr: se vi è «soddisfazione» per le aperture europee sulla possibilità di procedere con aggiornamenti e revisioni mirate, fondamentale sarà la riforma della governance – che arriverà domani in Cdm e che sarà affidata a Raffaele Fitto – con cui Palazzo Chigi intende mettere a terra il Piano. Accanto al lavoro sui fondi europei, ricca l’agenda economica delle prossime settimane: al netto delle nomine pubbliche (fronte su cui si misurerà plasticamente la «riorganizzazione» del destra-centro richiesta dal premier), la concentrazione è tutta sul fronte bollette – su cui emergono «segnali incoraggianti» – e sul sostegno alle famiglie. Sul binario parallelo, infine, il «cronoprogramma» concordato da Meloni con i ministri interessati: dalla «grande riforma del fisco» a quella per la «giustizia giusta» fino all’iter per le riforme istituzionali già incardinato dal premier. Accanto all’autonomia differenziata, questa è l'assicurazione, «avvieremo finalmente i “motori” del presidenzialismo».

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