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Camera, blitz dei commessi per evitare rissa e botte: scene infernali

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Elisa Calessi
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Urla, spintoni, grida, il malore di un deputato, i commessi che cercano di evitare la rissa. Non è stata una seduta tranquilla, quella che si è svolta ieri mattina alla Camera dei deputati, per riparare alla bocciatura del Def del giorno prima, causata dalle troppe assenze. Ad accendere la miccia è l’intervento di Tommaso Foti, capogruppo di FdI. Comincia in sordina, il capo dei deputati di FdI, chiedendo «scusa agli italiani e al presidente del Consiglio per quanto accaduto ieri», «non perché ci è stato chiesto ma perché lo riteniamo un dovere».

Una premessa per poi lanciare l’affondo ai colleghi dell’altra parte dell’emiciclo: «Però», aggiunge, «se dobbiamo fare l’elenco e sentirci dire che gli assenti della maggioranza stavano facendo il ponte del 25 aprile, consiglierei alle opposizioni di guardare le sue assenze. Non esiste un ponte per la maggioranza e uno per l’opposizione! Esiste un comune senso di responsabilità».

BOTTA E RISPOSTA
Osservazione confermata dai tabulati, da cui emerge che, giovedì, nella votazione incriminata, sono stati 34 i deputati dell’opposizione assenti, di cui 13 in missione e 21 che non hanno partecipato al voto, insomma assenti non giustificati (8 di Azione-Italia Viva, 3 di Alleanza Verdi e Sinistra, 13 del Pd, 9 del M5S, uno del Gruppo Misto). Ma è il seguito dell’intervento a scatenare la bagarre.

 

«Non ci piace», prosegue Foti, «che ci si dia lezione di istituzioni da chi proprio ieri ha scelto l’Aventino in commissione giustizia perché si era presentato il sottosegretario Del Mastro nel pieno delle sue funzioni». A questo punto, dai banchi dell’opposizione scatta la reazione: «Ma che dici? Vergogna! Smettila!». Il presidente della Camera, Fontana, prova a calmare gli animi, ricorda che c’è la diretta tv. Ridà la parola a Foti, che nel frattempo si era interrotto. Questi ricorda tutte le volte che dall’opposizione, e in particolare da Debora Serracchiani, ex capogruppo Pd, si sono chieste dimissioni. «Le chiedeva a tutti! Peccato che si sia dimessa lei», chiosa. A quel punto, la situazione degenera. Nico Stumpo, già richiamato all’ordine dal presidente Fontana, si dirige verso i banchi di FdI. I commessi lo bloccano prima che si arrivi alle mani. Dalla maggioranza si grida: «Fuori, fuori!» a quelli dell’opposizione.

Chiara Braga, capogruppo del Pd, dà l’ordine a tutti i suoi di uscire dall’Aula. Una mossa, quella dell’Aventino, che il Pd ripete, in un solo giorno, per tre volte tra Camera e Senato. La seduta è sospesa. «Sono sceso giù in aula e ho detto a Foti che stavano sbagliando, sono loro che hanno esagerato», spiega Stumpo. La versione della maggioranza è diversa: «È venuto a minacciarci!». Poco prima che si scatenasse il putiferio, Fontana aveva dovuto interrompere la seduta perché si era sentito male Angelo Bonelli, di Alleanza Verdi e Sinistra, svenuto subito dopo l'intervento e portato immediatamente al Gemelli per accertamenti. Per il resto, dal centrodestra si è voluto rassicurare sul fatto che «non c’è nessuna crisi politica, il centrodestra è unito» (Paolo Barelli, Fi). Semmai, la colpa, hanno spiegato sia Riccardo Molinari che Foti, è del taglio dei parlamentari e del mancato adeguamento dei quorum ai nuovi numeri.

 

Spiegazione contestata da Roberto Giachetti, di Iv: «La matematica non è un’opinione o, come disse Totò, “la somma fa il totale”, e cioè la maggioranza assoluta, con il taglio dei parlamentari, non c’entra nulla: prima era di 316, ora di 201». In ogni caso la Meloni ieri ha escluso sostituzioni di sottosegretari che hanno anche l’incarico parlamentare: «Bisogna parlare coni capigruppo e trovare un modo per garantire che si riesca a fare il doppio lavoro, lavorando di più se necessario, perché purtroppo riguarda tutti, ma non prevedo ipotesi di sostituzioni di doppi incarichi». «Quella di oggi», è stato il commento di Elly Schlein, «è una giornata di forzature da parte della maggioranza e noi andremo avanti a ricordare quali sono le prerogative dell'opposizione». Clima a parte, il Def è salvo. Prima la Camera, con 221 sì, poi il Senato con 112 sì, hanno approvato lo scostamento di bilancio.

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