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Reggio Emilia, D'Annunzio umiliato: cancellata la via, a chi la dedicano

di Corrado Ocone lunedì 8 maggio 2023

3' di lettura

La guerra della toponomastica continua, aizzata da una sinistra sempre più a corto di idee e alla ricerca di rivincite tanto simboliche quanto effimere. Col tempo essa va trasformandosi sempre più in una guerra della stupidità e dell’ignoranza, il che è poi una sorta di palinodia per quella parte politica che pretende ancora oggi di essere l’unica portatrice dei valori della cultura. L’ultimo episodio lo dimostra ampiamente. È accaduto in quel di Reggio Emilia, ove la giunta comunale, presieduta dal piddino Luca Vecchi, ha deciso, per celebrare il 25 aprile, di cambiare nome a Via D’annunzio intitolandola a Srecko Kosovel, un poeta sloveno morto giovanissimo di meningite nel 1926. A denunciare l’episodio è stato Armando Foschi, un consigliere comunale della Lega di Pescara, la città del Vate, in due lettere che ha inviato rispettivamente al sindaco della sua città, Carlo Masci, e a Giordano Bruno Guerri, che come è noto è il presidente del Vittoriale.

POETI DI GUERRA E DI PACE
La crassa ignoranza, nonché la palese volontà di provocazione, dei promotori dell’iniziativa è già tutta nella motivazione, che viene ricondotta al fine di voler «promuovere una coscienza antifascista, antirazzista e femminista». Un obiettivo che imporrebbe, secondo i dirigenti reggiani, di eliminare il nome di un «poeta che esaltava la guerra» sostituendolo con quello di un «poeta sloveno che ha resistito all’italianizzazione forzata» e «ha dato il nome a una brigata partigiana in un’epoca nella quale la letteratura era bandita». Poche parole che dicono tantissimo sulla “filosofia” che ha ispirato l’operazione. Prima di tutto, l’idea che la cultura debba promuovere appunto qualcosa e che pertanto, anche nelle sue più alte espresssioni, non possa essere considerata in sé, per l’intrinseco valore artistico di un autore e di un’opera. Può perciò succedere che un poeta “minore”, ma schierato dalla parte giusta, sia anteposto a un poeta unanimemente riconosciuto come una delle più grandi voci della letteratura italiana di ogni tempo.

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Nelle mani di un poeta o di uno scrittore ogni evento, anche il più distruttivo e crudele quale può essere una guerra, trasposto in versi o prosa, assume un carattere lirico. E come tale va giudicato: per quanto in esso è intuito o espresso, non certo per i presunti “messaggi” o per l’ideologia dell’autore. Se così non fosse, dovremmo eliminare dalla nostra storia letteraria i più grandi capolavori, a partire dall’Iliade di Omero fino a Guerra e Pace di Tolstoj. Questa tendenza all’immunizzazione dal male, che è invece elemento imprescindibile dell’umano e quindi della lettteratura, se da un lato è il portato più surreale della cultura woke e della cancel culture, dall’altro è un palese tradimento dell’ispirazione realistica del marxismo classico.
Ma vaglielo a spiegare a questi epigoni ignoranti!

Propria del marxismo era però anche l’idea della strumentalizzazione e politicizzazione della cultura. Elemento, questo, che è qui chiaramente in opera. Va poi considerato ancora l’elemento del conformismo, e quindi delle frasi fatte, che è proprio di questa sottocultura tardomarxista e fanaticamente antifascista. Ecco quindi il richiamo di maniera a concetti convenzionali tanto declamati quanto chiaramente non vissuti (antifascismo, antirazzismo, femminismo) o l’uso dell’insignificante espressione di «epoca in cui la letteratura era bandita».

ERRORI DI PROSPETTIVA
Ma con ancora più evidenza emerge poi l’ignoranza di chi ha deciso questo cambio di nome se si porta un attimo la riflessione sull’accostamento del tutto improprio di D’Annunzio al fascismo. Come è noto il poeta non aderì mai al regime e Mussolini, che pure tentò di imitarlo nella sua retorica, lo temette sempre e in sostanza lo isolò. Una vera e propria provocazione è stato infine intitolare la strada proprio a Kosovel, un poeta che ha svolto storicamente una funzione politica fortemente ostile al nostro Paese e che è diventato una sorta di icona del nazionalismo antiitaliano. Quasi a voler ricalcare il fatto che è proprio la nostra identità italiana il vero nemico della sinistra, che in questo continua ad essere una forza antinazionale: internazionalista ieri, cosmopolitica oggi.

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