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Savoini e la bufala Espresso: "Come hanno cercato di farmi fuori"

Alessandro Gonzato
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 «C’è da avere paura. Questi sono imbrattacarte, pseudo-giornalisti al servizio della stampa di sinistra inseriti in un sistema globale, gente che con falsi scoop fa carriera. Io non ce l’ho coi giudici, lo voglio sottolineare, era ovvio che dopo quelle balle rimbalzate in tutto il mondo aprissero un’inchiesta. Ce l’ho con chi vuole distruggere vite e partiti. Volevano cancellare Salvini e la Lega. È inquietante».

Gianluca Savoini è stato uno dei protagonisti dell’incontro all’hotel Metropol di Mosca in cui emissari della Lega, secondo L’Espresso e Repubblica (e a ruota per tutta la stampa anti-centrodestra), avrebbero partecipato alla trattativa per la compravendita di petrolio a prezzo scontato. I russi, con questo sistema, avrebbero finanziato la campagna elettorale del Carroccio in vista delle elezioni europee, era il 2018. Tutto archiviato, i giudici non hanno trovato la prova di un solo rublo. La sinistra però ci ha marciato per anni. Savoini è stato a lungo il portavoce di Salvini. È il presidente dell’associazione Lombardia-Russia. Dal 2014 fino allo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina si è battuto contro le sanzioni a Mosca. «Hanno penalizzato tanti nostri imprenditori». Al Metropol c’era anche Gianluca Meranda, avvocato d’affari, e ora si scopre che prima e dopo quella fantomatica trattativa aveva incontrato e sentito più volte l’autore del presunto scoop, Giovanni Tizian, che lavorava per Carlo De Benedetti e che De Benedetti si è portato al Domani.

 

 

 

Savoini, che idea si era fatto di Meranda? 
«Aspetti, prima voglio dirle un’altra cosa...».
Prego. 
«Mi hanno pedinato per anni, rubato il telefono, ricevevo mail strane. Certe persone hanno provato a corrompermi, infiltrati, delle spie. Infami».
Chi la pedinava? E ci dica del telefono. 
«Me ne hanno rubati due in poche mesi, uno a Mosca, mi allontano da un ufficio un attimo e sparisce, neanche il tempo di uscire. L’altro in Italia. Ero a Milano, esco 5 minuti da un convegno a cui partecipava Salvini, parlo con dei giornalisti e con politici della Lega, appoggio un secondo il cellulare su un muretto - ma proprio un secondo - mi giro e non c’è più. È chiaro che qualcuno era lì per me».
E i pedinatori? 
«Non so chi fossero, ma se ti metti contro questi poteri provano a farti fuori, con ogni mezzo».
Torniamo a Meranda. 
«Su di lui non posso dire niente di male, l’ho conosciuto come un professionista serio, l’ho visto 3-4 volte, non mi aveva fatto una brutta impressione. Siamo stati in contatto per qualche mese, come con tante altre persone in quel periodo».
Lei è stato indagato per corruzione internazionale. Ha rischiato di finire in galera a lungo. 
«Un’accusa tremenda che mi ha fatto perdere un sacco di possibilità lavorative, contatti, rapporti con tanta gente. D’altronde con un’accusa del genere era inevitabile.
Ero il grande burattinaio, il capo di uno schema criminale. Fango su fango. La sinistra su mandato di certi sistemi di potere si è inventata una balla dietro l’altra, e mai nessuno, a parte voi di Libero e pochi altri giornali, si è chiesto chi aveva registrato quel famoso audio del Metropol in cui ci sarebbe stata la corruzione. E poi un’altra cosa, mi scusi...».
Dica. 
«Non voglio difendere soltanto la Lega, perché la missione di certi media è di colpire tutto il centrodestra, pensi alla bufala sulle lobby nere, l’inchiesta su Fratelli d’Italia creata da Fanpage e pompata da certi talk show, le valigette, i saluti romani, ci provano con queste cose qua, sono ridotti così. Gli stessi poteri hanno provato a eliminare anche Berlusconi perché non volevano che collaborasse con Putin, naturalmente mi riferisco al pre-guerra».

 

 

 


Ricorda qualche strano incontro in particolare?
«Le posso dire che appena uscita questa gigantesca bufala sull’Espresso ho incontrato una persona molto vicina a Donald Trump, di cui non posso fare il nome per motivi di riservatezza, che mi ha detto una cosa: “State tranquilli che è una fake news, ma state attenti perché non finirà qui”, e infatti su questo finto scandalo ci hanno marciato a lungo, continuando a inventare».
Ma questi «poteri» di cui lei parla, chi sono?
«La regia è la stessa che ha colpito Trump col falso Russiagate all’americana: soldi, relazioni pericolose, documenti... Tutto anche quella volta finito vergognosamente nel nulla, perché non c’era nulla. Questi hanno due modi di agire: se non riescono a comprarti provano a toglierti di mezzo. E la Lega in quel periodo oltre che essere al governo stava per sfondare in Europa, dove poi abbiamo preso il 35%».
Nonostante l’inchiesta. L’ha sorpresa?
«No. Ero abbastanza sicuro che non avremmo perso voti, anzi, che li avremmo guadagnati. La gente si è accorta subito che il fantomatico scoop era una barzelletta, non c’era una sola prova, solo attacchi politici, ricostruzioni cinematografiche. Ci hanno provato anche ai tempi di Umberto Bossi».
Ma lei faceva o no affari con la Russia?
«Anche li avessi fatti, ovviamente in modo ufficiale, quello dell’intermediatore è un lavoro. Non ci sarebbe stato niente di male. Si fa così da sempre in tutto il mondo. Mi hanno dato del ladro, del tangentista, mi hanno dipinto come un mostro. Il sistema della sinistra funziona così».
Nella ricostruzione dell’Espresso c’è una mail della russa Avangard gas and oil company, una proposta commerciale ricevuta da Meranda, ma poi sull’Espresso esce solo il nome di Savoini.
«Siamo alla fantascienza. Che poi, mi perdoni: anche ci fosse stata una trattativa, dove sono i bonifici, i riscontri, le prove? Ma dai: ma è giornalismo questo?». 

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