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Voto in condotta? Per la sinistra la Meloni diventa come Robespierre

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Tommaso Montesano
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Tutto prevedibile: la riforma del voto in condotta, per la sinistra- intellettuale e parlamentare- altro non è che la dimostrazione della «svolta securitaria» in atto, per dirla con le parole di Elisabetta Piccolotti, deputata di Alleanza Verdi-Sinistra, nonché consorte di Nicola Fratoianni. Stavolta, però, non conviene partire dai parlamentari dell’opposizione per descrivere l’ennesimo furore ideologico progressista in risposta ai provvedimenti del governo. È bene inziare, al contrario, dai commentatori. Da quelli che un tempo si sarebbero definiti i maître à penser.

Del resto c’è l’imbarazzo della scelta. Ad esempio: la scrittrice Chiara Valerio su Repubblica. Apriti, cielo: il maggior peso che sarà assegnato, in sede di valutazione, al comportamento degli studenti, è una spia delle pulsioni autoritarie di Palazzo Chigi. «Giorgia Meloni ha confuso l’Autorevolezza con l’Autorità». Qui occorre precisare: il riferimento di Valerio è alla dichiarazione con la quale la premier, dopo il Consiglio dei ministri, ha lodato così la riforma: «Responsabilizza i ragazzi e restituisce autorevolezza ai docenti». E invece no: perla scrittrice «il voto in condotta, ammesso che rafforzi qualcosa, non rafforza certo l’autorevolezza, ma, al massimo, l’autorità». La rafforza a tal punto che l’autorità diventa autorevolezza. E qui c’è il parallelismo chiave di tutto il ragionamento di Valerio: «Proprio come durante il Terrore» nella Rivoluzione francese.

 

 

 

PARAGONI INFELICI

Basta andare sulla più comune delle enciclopedie on line - ovvero Wikipedia - per rendersi conto del paragone cui è ricorsa la scrittrice. Il «regime del Terrore» - settembre 1793-luglio 1794 - «fu caratterizzato dal predominio politico dei membri del Comitato di salute pubblica, che introdussero una serie di misure repressive di crescente durezza contro gli avversari politici». Misure che comprendono un «elevatissimo numero di condanne a morte ed eccessi nell’esercizio della repressione». Meloni come Robespierre, dunque. Del resto i «pilastri» su cui poggia la scuola italiana targata Giuseppe Valditara «sono sinistri ed evocano sistemi educativi dove si controlla e si punisce». Eppure nella Pubblica istruzione figlia della Costituzione uscita dalla Resistenza il voto in condotta è rimasto in vigore, per le classi elementari e medie, fino al 1977.

Da Repubblica al Fatto Quotidiano. Il quotidiano diretto da Marco Travaglio ospita l’opinione di Tomaso Montanari, rettore dell’università per stranieri di Siena, che del giornale è anche commentatore. Per Montanari, impegnato anche nella battaglia per l’abolizione delle Frecce Tricolori, il ripristino del voto in condotta rappresenta il «ritorno a un’idea autoritaria della scuola». L’istruzione dei sogni di Montanari è un’altra. Questa: «La scuola vera educa a contestare l’autorità, argomentando. La risposta alla violenza in (Ftg) classe è più cultura, più liberazione, più vera educazione: non più repressione». Insomma se in una classe regna l’indisciplina, il docente deve rispondere alla «violenza» con la «cultura». E adesso occorre per un momento tornare ai parlamentari. Perché le parole di Montanari si sposano perfettamente con la dichiarazione con la quale Piccolotti (Avs) illustrai motivi della sua opposizione alla misura del governo. «Non credo in una scuola in cui possano aspirare al massimo dei voti solo soldatini educati, né in una scuola in cui il compito da assolvere sia quello di preparare giovani ingranaggi per il mondo del lavoro, obbedienti e docili, facili da sfruttare».

 

STATO DI POLIZIA

Eccola la verità: le aule scolastiche che hanno in mente a sinistra sono una sorta di Far West, dove i ribelli, i contestatori, gli indisciplinati, i maleducati, i disobbedienti, possono fare il bello e il cattivo tempo senza timore di essere sanzionati. E chissenefrega degli altri studenti. È il momento di tornare agli intellettuali. Enrico Galiano, scrittore, insegnante, già noto alle cronache per aver contestato platealmente il governo durante una lezione al tempo della tragedia di Cutro, è tornato alla carica. E in un intervento su illibraio.it si è scagliato contro la scelta del ministro Valditara: «Chiedetelo a noi insegnanti, se serve davvero il voto in condotta. Chiedetelo se è così che si guadagna autorevolezza nei confronti di studenti e genitori. No, non funziona così. E così non funziona: se hai bisogno di un voto in condotta per farti rispettare, sei un poliziotto, non sei più un insegnante».

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