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Gianfranco Fini, le rivelazioni su Napolitano: "Complotto anti-Cav? Ecco la verità"

Gianfranco Fini

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Gianfranco Fini ricorda il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in una lunga intervista a Il Corriere della Sera: "Era un uomo molto rigoroso. Che diventava puntiglioso tutte le volte che si trattava di rispettare o di difendere l’equilibrio tra poteri dello Stato. Napolitano ha avuto un rispetto sacrale della Costituzione. A differenza di alcuni predecessori, che hanno inciso nella dialettica tra partiti e in certi casi l’hanno determinata, come Scalfaro o prima ancora Cossiga, mai, neanche una volta ho sentito fare al presidente Napolitano considerazioni o anche solo accenni al dibattito politico in corso allora"

Per cinque dei nove anni di Napolitano al Colle, Fini fu presidente della Camera. E anche il leader di partito che staccò un pezzo importante della maggioranza di Berlusconi. "Furono anni turbolenti. E lo furono anche per alcune mie scelte politiche, certo. Ma la teoria secondo cui l’allora capo dello Stato fosse il regista di un complotto per far cadere Berlusconi con la mia complicità non solo è infondata ma anche offensiva. Con falsi racconti degni della spazzatura che continuano a circolare" come quelli di chi sostiene che Fini avrebbe fatto ascoltare in viva voce una telefonata in cui il presidente si compiaceva delle difficoltà che le sue scelte avevano creato al governo.

Ma Napolitano, chiarisce l'ex presidente della Camera, "non si occupava delle vicende politiche". Molti finiani denunciarono i tempi lunghi che vennero riservati al voto sulla mozione di sfiducia, sottolineando l’ampio margine che ebbero i berlusconiani per cercare i famosi "responsabili". "La preoccupazione principale del Quirinale", sottolinea l’ex leader di Alleanza Nazionale, "era mettere in sicurezza l’approvazione della legge di bilancio, in discussione al Senato. Il giorno in cui alcuni ministri si dimisero dal governo esprimendomi la loro solidarietà, a metà novembre 2010, io e Schifani venimmo convocati da Napolitano. Il capo dello Stato chiese al presidente del Senato in che tempi, ragionevolmente, l’Aula avrebbe approvato la manovra". La risposta fu: venti giorni. "I tempi della mozione di sfiducia furono dettati da questo timing. Se avessi voluto, data l’assenza di un accordo nella conferenza dei capigruppo, avrei potuto fissare immediatamente la votazione sulla sfiducia. Non lo feci", conclude Fini, "perché sarebbe stato irresponsabile dal punto di vista istituzionale. Solo molto tempo dopo, Napolitano mi disse di aver apprezzato la mia decisione".

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