Elly Schlein, l'ultima follia: l'unione-donne deve tesserare maschi
L’ideologia che pretende di cancellare il sesso biologico dall’identità degli individui crea un nuovo corto circuito a sinistra, e non è un caso che accada proprio nell’Emilia-Romagna di Elly Schlein. Tutto ruota attorno ad una domanda: un’associazione di donne, per di più femminista, può essere ritenuta discriminante per il fatto che ammette solo femmine tra i propri iscritti? Pochi anni fa sarebbe stata una domanda ridicola, surreale, ma di questi tempi occorre prenderla sul serio. È una storia che merita di essere raccontata perché certifica lo scontro tra due idee diverse di sinistra, o meglio tra due concezioni di femminismo che non possono coesistere. E perché, se la risposta a quella domanda è «sì», le conseguenze potenziali sono dirompenti: significa che è discriminante l’Arcilesbica, anch’essa composta esclusivamente da donne, lo sono l’islamica Ucoii e l’Unione delle comunità ebraiche italiane, lo è qualunque associazione che accetti solo iscritti con determinate caratteristiche biologiche o certe convinzioni.
L’ULTIMATUM
Protagonista, o meglio vittima di questa vicenda, è l’Udi, Unione donne in Italia. Un pezzo importante della storia del femminismo nostrano. Come si legge nel suo statuto, «affonda le sue radici nei Gruppi di difesa della Donna e, in generale, nell’ampia esperienza femminile della Resistenza». Il primo dei suoi obiettivi è «la lotta al patriarcato in tutte le sue forme» e la sua responsabile nazionale è Vittoria Tola, che vie ne dal Pci-Pds. Niente di strano, quindi, che una delegazione dell’Udi oggi sia in piazza a Roma, a marciare assieme al compagno Maurizio Landini. L’associazione è iscritta col numero 174 al Runts, il Registro nazionale delle associazioni di promozione sociale, e in virtù di questo status partecipa alla raccolta del 5 per mille, che nel 2022 ha fruttato all’Udi nazionale, con 130 scelte da parte dei contribuenti, la somma miserella di 5.475,48 euro (qualcos’altro hanno incassato le sue sedi locali che si sono attivate in autonomia).
La tessera annuale costa 20 euro e può essere presa da «tutte le donne che si riconoscono nel le finalità dell’Associazione». «Donne», appunto: la parola chiave è questa. Perché da lì dentro raccontano che lo scorso agosto l’Ufficio del Runts dell’Emilia-Romagna, che fa capo alla giunta di Stefano Bonaccini, ha inviato quattro lettere alle associazioni Udi di Carpi, Ferrara, Modena e Ravenna, con le quali dà ad ognuna di esse l’ultimatum: sessanta giorni di tempo per cambiare lo statuto in nome dell’inclusività, aprendo l’iscrizione agli uomini. In caso contrario saranno cancellate dal registro del terzo settore, che significherebbe dire addio allo status di associazione di promozione sociale e al 5 per mille.
Secondo l’amministrazione emiliano-romagnola, infatti, lo statuto attuale viola il “Codice del terzo settore”, ossia il decreto del 2017 in cui si stabilisce che «non sono associazioni di promozione sociale le associazioni che dispongono (...) discriminazioni di qualsiasi natura in relazione all’ammissione degli associati». In altre parole, riservando il tesseramento alle donne, l’Unione delle donne discrimina i maschi (nonché i trans che risultano tali all’anagrafe), e questo è inaccettabile. È una scelta tutta politica, adottata da un’amministrazione della quale, sino allo scorso ottobre, è stata vicepresidente la Schlein, portabandiera di quell’ideologia “queer” per cui l’identità sessuale non è un da to biologico, ma culturale e sociale, e dunque non ha senso escludere un individuo dall’Unione delle donne solo perché ha i genitali maschili. Un nuovo femminismo, che nega la specificità del corpo femminile, ha dichiarato guerra al femminismo di vecchio conio, per il quale è sempre sta ta centrale la differenza biologi ca tra la donna e l’uomo.
IL MARCHIO DI ELLY
E anche se la Schlein ha lasciato l’incarico in Regione, le politiche del terzo settore sono tuttora in mano a un suo fedelissimo, il 43enne Igor Taruffi, che ha iniziato la carriera dentro Rifondazione Comunista e da lì è passato in Sel e quindi in Sinistra italiana. La segretaria del Pd lo ha voluto accanto nella nuova avventura affidandogli il ruolo di responsabile dell’organizzazione del partito, che svolge in parallelo a quello di assessore regionale. C’è il marchio ideologico del nuovo Pd, insomma, nella decisione di mettere l’Udi con le spalle al muro. Nessun’altra amministrazione ha interpretato in quel modo la legge nazionale. L’Unione donne in Italia ha associazioni locali in tutta la penisola e tutte riservano l’iscrizione alle sole donne. Ma solo lì, all’ombra della Schlein, si pretende di stravolgere ottant’anni di storia e il nome stesso dell’Udi in nome del nuovo credo che avanza a sinistra.