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J.R.R. Tolkien, la sinistra senza miti ora vuole appropriarsi dello scrittore

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Luca Beatrice
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La storia di J.R.R. Tolkien in Italia è senza dubbio una storia di destra e un’affermazione come quella di Mirella Serri nel suo articolo di ieri su La Stampa - la cultura di destra per il momento è ancora in cerca di autore- è sbagliata. Semmai si potrebbe invertirne la direzione: nel momento in cui la sinistra sta perdendo uno dopo l’altro i propri riferimenti - di mito nonoserei parlare, non è argomento o figura che qualifica il pensiero di sinistra - cerca in maniera piuttosto stucchevole di accaparrarsi quelli altrui. Abbiamo sentito più volte la teoria che negli anni ’70 le comunità hippie americane si appassionarono al mondo fantasy e pacifista, leggendo così l’autore de Il Signore degli Anelli come un ambientalista e un fricchettone alla Siddharta. La differenza di vedute rispetto alla sorte che Tolkien ha avuto in Italia ne testimonia una volta di più la centralità nel panorama letterario internazionale, mentre da noi è stato a lungo ridotto a puro romanziere di genere se non addirittura irriso.

In Italia la narrazione è coerente, a partire dalla prima edizione del romanzo uscita nel 1970 per Edilio Rusconi, editore conservatore e cattolico, e dalla curatela di Quirino Principe, musicologo mahleriano, traduttore dal tedesco di altri autori “proibiti” come Ernst Junger, che limò e rifinì il precedente lavoro di Vittoria Alliata, che di Tolkien ha parlato con affetto definendolo «bizzarro filologo medievista, eterno bambino di genio». Siamo ancora negli anni ’70 quando la destra missina, culturalmente vivace e attenta a costruirsi un proprio mondo questo si davvero alternativo e di ricerca avanguardista proprio perché non le veniva dato modo di esprimersi a causa della schiacciante supremazia della sinistra, scopre nel romanzo di Tolkien quei principi che ancora la animano, a mezzo secolo di distanza: il valore delle radici, il profondo legame con la Tradizione (la maiuscola è d’obbligo), i riti della compagnia dell’anello come espressione del senso di comunità. Tolkien è stato un intellettuale conservatore, cattolico e strenuo difensore della cultura occidentale, motivi sufficienti per irriderlo, minimizzarne la portata, ridurlo a mero scrittore fantasy e, bollarlo come bestsellerista per cui la porta della letteratura vera non si doveva aprire.

 

 

PRIMA IGNORATO POI...
Per tanti anni Il Signore degli Anelli è rimasto un libro ignorato, inviso alla sinistra. Improvviso ecco spuntare qualche recente tentativo di appropriazione indebita, come quella dei Wu Ming che per Bompiani hanno da poco ripubblicato il saggio del 2013 Difendere la terra di mezzo, sostenendo a proprio vantaggio la tesi di un Tolkien troppo universale per essere rinchiuso in una nicchia identitaria, equiparato ad altri grandi scrittori reazionari come Conrad e Borges, superandone la marginalizzazione nella letteratura fantastica. Anche Michela Murgia diceva di esserne una accanita lettrice, almeno una volta l’anno, di adorare gli elfi e di conoscere i giochi a esso ispirati.

La grandezza e la fama di Tolkien, dunque, si è consolidata anche in quegli ambienti a lungo ostili? Ci interessa o ci insospettisce piuttosto il nobile o opportunista tentativo di ascriversi, di attribuirsi Tolkien oggi, promuovendolo così al rango di narratore d’eccellenza levandogli così il marchio destrorso d’infamia? E invece, per colpa della mostra che inaugurerà alla Galleria Nazionale di Roma il 15 novembre, fortemente voluta da Giorgia Meloni e dal ministro Gennaro Sangiuliano, siamo di nuovo nel pieno della polemica, Tolkien torna a essere autore di destra, anzi sospetto fascista, e l’iniziativa si inserisce nella propaganda governativa determinata a conquistare quell’egemonia culturale a lungo inseguita. Oppure, in alternativa, si alza qualche voce a dire no, vi siete sbagliati, non è l’eroe dei “calimero missini” e dei suoi eredi oggi al potere che prepotentemente lo usano per marcare il territorio. Immaginando il fenomeno su larghissima scala - Il Signore degli Anelli ha venduto 150 milioni di copie nel mondo - Tolkien divide analogo destino con altre figure urticanti, il cui pensiero attraversa il tempo e continua a far parlare di sé. Come Pier Paolo Pasolini, tradizionalista ma in senso diverso, tanto da non poter essere trasformato in un simbolo per la destra, nonostante più di una tentazione. Quelle di Tolkien, invece, sono idee certamente di destra, le nostre idee, non vedo perché non ribadirlo. 

 

 

 

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