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Imu e mutui, rivoluzione-2024: ecco cosa cambia per i proprietari di casa

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Michele Zaccardi
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Affitti brevi, Imu e mutui. La manovra prosegue il suo iter con il deposito degli emendamenti dei relatori. E mentre la maggioranza, insieme al ministero dell’Economia, studia una mini-proroga sul Superbonus. Tra le novità c’è l’aumento della cedolare secca dal 21 al 26% sugli affitti brevi (dalla seconda alla quarta casa) e l’inclusione delle famiglie numerose (da tre figli con meno di 21 anni in su, ma con un limite all’Isee) tra le categorie che hanno priorità nell’accesso al fondo di garanzia mutui per la prima casa. Inoltre, una proposta punta a dare più tempo ai comuni per fissare le aliquote Imu. Per il 2023, le delibere regolamentari e di approvazione delle soglie del prelievo vanno inserite nel portale del federalismo fiscale entro il 30 novembre 2023 (invece che il 14 ottobre), mentre il termine per la pubblicazione slitta al 15 gennaio 2024 (dal 28 ottobre). I contribuenti dovranno pagare l’eventuale differenza tra l’imposta versata al 18 dicembre e le nuove aliquote entro il 29 febbraio 2024.

IL PERCORSO
Ma il cammino della manovra non è certo in discesa. In mattinata arriva il rinvio della votazione dei testi in Commissione bilancio al Senato. Di conseguenza viene spostato a oggi alle 15 il termine ultimo per il deposito dei subemendamenti alle proposte di modifica al testo presentate dai relatori (17 in totale). Questo mentre il vertice tra relatori, opposizione e governo si è concluso senza un accordo sulle tempistiche da adottare in Commissione bilancio. E con la sinistra che minaccia di fare ostruzionismo. «Non c’è accordo per garantire un percorso trasparente», scrivono in una nota le opposizioni, che lamentano l’appropriazione da parte della maggioranza del tesoretto da 100 milioni destinato alle modifiche parlamentari. In assenza di un’intesa sull’iter, fanno sapere M5s Pd e Avs, si dovrà discutere su tutti i 2.500 emendamenti presentati dalle minoranze. Una possibilità che, secondo il relatore alla manovra di Fdi, Guido Liris, esiste «così come però potrebbe esserci una possibilità migliore per il Paese» che sarebbe «quella di confrontarci e misurarci sui temi». Per trovare un’intesa con la minoranza è stata convocata per stamattina un’altra riunione.

 


Al netto della querelle parlamentare, a tenere banco è stato il Superbonus. Dopo lo stop di martedì del ministero dell’Economia a una proroga, la maggioranza sta studiando diverse soluzioni per salvare, almeno in parte, i cantieri già avviati ma non ancora rendicontati, che rischiano di trovarsi, dal 1° gennaio, con l’agevolazione al 70% (e non più al 110% se iniziati prima del 31 dicembre 2022 o al 90% di quest’anno). L’imperativo è ridurre al minimo l’impatto per le casse dello Stato. «Non abbiamo trovato ancora una soluzione» ammette il presidente dei deputati di Forza Italia, Paolo Barelli, «ma la speranza è l’ultima a morire». L’idea è «dare soddisfazione a chi ha completatato almeno il 70% dei lavori» con una «proroga di tre mesi».
Tra le ipotesi circolate c’è quella di consentire un Stato avanzamento lavori (Sal) straordinario, svincolato dalle quote attuali del 30-60-100% previste per ottenere l’agevolazione edilizia. In pratica, si punta a far rendicontare entro il 10 gennaio il maggior numero di interventi realizzati quest’anno, riducendo al minimo la parte che finirebbe sotto la tagliola del 2024. «Sul Superbonus» ha detto il relatore alla manovra di Fratelli d’Italia, Guido Liris, «c’è un’interlocuzione in corso con il Mef per una soluzione che non abbia né proroghe né oneri, che massimalizza l’imputazione della spesa sul 2023, alleggerendo gli oneri dal 2024». Il correttivo potrebbe arrivare già con la legge di bilancio, ma è più probabile un intervento nel Milleproroghe.


IL PONTE SULLO STRETTO
Ma mentre a Roma prosegue il confronto sulla manovra, la regione Sicilia si mette di traverso sul Ponte sullo Stretto. Nel mirino finisce la rimodulazione, stabilita in un emendamento del governo alla legge di bilancio, dei finanziamenti, che arriveranno, per 1,6 miliardi di euro su 11,6 totali, dalle quote del Fondo sviluppo e coesione di competenza di Calabria e Sicilia. Da qui il comunicato della regione guidata da Renato Schifani, secondo cui «la decisione governativa per cui la quota di nostra compartecipazione debba essere di 1,3 miliardi non è mai stata condivisa». «Il dossier Ponte sullo Stretto prosegue come da programma» fanno sapere fonti del Ministero delle Infrastrutture. «C’è la totale copertura economica e la giusta partecipazione finanziaria delle Regioni. L’obiettivo è rispettare i tempi, iniziando i lavori nel 2024». Ma ieri la Camera ha approvato anche la fiducia al decreto anticipi, la seconda gamba della manovra, che scarica sull’anno in corso una serie di spese, tra cui il conguaglio della perequazione delle pensioni e quello relativo alla vacanza contrattuale dei dipendenti pubblici. Il via libera definitivo è previsto per oggi. 

 

 

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