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Fausto Bertinotti stronca il Pd di Elly Schlein: "Una totale inadeguatezza"

Salvatore Dama
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Nei momenti di tristezza, il Pd apre l’album di famiglia e guarda con malinconia le foto storiche. Quella del 1996, per esempio. Quando l’Ulivo portò Romano Prodi a Palazzo Chigi, in una delle poche occasioni in cui il centrosinistra riuscì a battere Silvio Berlusconi. Il problema non è tanto il tuffo nel passato, nella comfort zone. Quanto la presunzione di rispolverare vecchie formule con la convinzione che possano funzionare ancora. Allora ecco che Elly Schlein richiama in servizio il professore; ecco che si riesumano ruoli ammuffiti come il “federatore”; ecco che si ipotizzano nuovi Ulivi come se fossimo nei Novanta, con i pantaloni a vita alta e i Nokia 3210.

Per fortuna, una sveglia arriva da uno dei protagonisti di quella stagione. Fausto Bertinotti ritiene che richiamare in servizio le vecchie glorie non serva. Secondo l’ex segretario di Rifondazione comunista, il Partito democratico ha una scarsa capacità di interpretare il presente: «Ci sono tre crisi dirompenti in Europa: della democrazia, della politica e delle sinistre». La destra al governo «punta a prendersi una rivincita storica sugli Anni Settanta e sulla Costituzione antifascista». E il Pd che fa? Tira fuori dalla naftalina un progetto vecchio di quasi 30 anni: «Il tentativo di rivolgersi a storie passate, a quell’Ulivo che già faticava al suo tempo, è l’invocazione di un involucro vuoto, lontano dalle risposte necessarie».

 

Avere un testimonial come Romano Prodi non basta, precisa Bertinotti in un’intervista alla Stampa, «se il contesto non cambia, nessuno ce la può fare». Costruire un’alternativa sugli allori del passato è una operazione nostalgica senza senso: «C’è una totale inadeguatezza». Quando si tornerà al voto ci si renderà conto che «il 50 per cento della popolazione non va ai seggi e che senza quegli elettori la sinistra non esiste». Per carità, sottolinea l’ex presidente della Camera, «il Pd è un partito di persone perbene. Soltanto che è ininfluente». I dem non interpretano «i problemi emergenti», sono «sfasati». E, contemporaneamente, non riescono a immaginare una politica delle alleanze che vada oltre «le vecchie dinamiche» del centrosinistra, che univa partiti «allora potenti», oggi invece «impotenti» e marginali. Una imitazione «desolante». In quale bar, si domanda Fausto, «si discute del centrosinistra da federare»?

 

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