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Pd in corteo per le moschee abusive: la protesta a Monfalcone

Antonio Castro
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Torna ad rialzarsi il vento di burrasca a Monfalcone tra la comunità locale e quella degli immigrati extracomunitari fomentati dalla sinistra locale. Ieri, proprio all’antivigilia di Natale mentre l’amministrazione comunale, regionale e pure il leader della Lega Matteo Salvini (in videocollegamento), celebravano la tradizionale inaugurazione del Presepe cittadino, il Pd, i Verdi, l’estrema sinistra e le varie sigle di riferimento hanno guidato per l’ennesima volta in strada migliaia di immigrati (in particolare del Bangladesh), per lamentarsi della delibera comunale che vorrebbe vietare l’utilizzo di locali adibiti a negozi e altre strutture non abilitate al culto come se fossero moschee.

NEGOZI PER PREGARE
Da settimane la sinistra cittadina prova a ribaltare come xenofoba la battaglia di legalità condotta dal sindaco di Monfalcone (Gorizia), Anna Maria Cisint. La battagliera esponente della Lega (scavallato il sesto anno di mandato), non tollera che esistano «regole che valgano per alcuni e non per altri». Anche a rischio «di beccarmi insulti a raffica per razzismo e intolleranza», replica secca contattata da Libero.

Cisint - nelle settimane scorse - è finita sulle pagine nazionali di la Repubblica e Il Fatto. I due quotidiani «hanno incassato due diverse querele. Io non mi faccio intimorire. Né da chi mi urla contro né da chi scrive ribaltando la realtà dei fatti. E delle delibere. Non è questione di razza, religione, colore della pelle o paese di provenienza», scandisce, «il problema nella nostra comunità è che esistono regole che i monfalconesi sono tenuti a rispettare e che altri pensano di poter aggirare in virtù di una superiore libertà di credo».

 

Ma a giudicare dai fatti si tratta solo di un alibi. Diverse parrocchie, come l’Oratorio di San Michele, hanno offerto in concessione gratuita alla comunità mussulmana l’adiacente campo di basket per riunirsi e pregare in tranquillità e sicurezza. La risposta? «Noi preghiamo dove ci pare», è stata la replica. Punto.

La bella pensata della sinistra cittadina- per rasserenare gli animi - è stata di organizzare una manifestazione. «Noi musulmani siamo qui oggi come testimoni di pace: la preghiera è pace, siamo monfalconesi e siamo italiani», riportava l’unico striscione in testa al corteo. Questa volta di vessilli palestinesi, bandiere islamiche e slogan (come “Allah Akbar), neppure l’ombra. Forse per non rischiare di offrire il fianco alle proteste innescate già con le precedenti proteste di piazza.

PICCOLE INDIFESE
Più degli attacchi verbali alla sanguigna sindaca ciò che preoccupa è «la mancanza di volontà di integrazione tra la cittadinanza e la comunità musulmana» locale (impiegata in gran parte nei vicini cantieri navali). «Le racconto soltanto qualche dettaglio, per noi preoccupante: abbiamo chiesto che nelle scuole venga ridotto il ricorso al velo per le bambine che le frequentano. Risposta? Le ragazzine con il velo sono aumentate. E vabbé. Identico l’atteggiamento delle signore della comunità musulmana. Il velo integrale è ormai diventata una consuetudine diffusa che non consente alle forze dell’ordine l’eventuale identificazione. Con una comprensibile apprensione. Tanto più di questi tempi».

Ma la cosa che più «ci preoccupa sono i matrimoni organizzati magari con minori. Solo nell’ultimo mese abbiamo accompagnato in due centri protetti un paio di ragazzine che non volevano cedere alle pressioni familiari ed erano riuscite ad avvisare i servizi sociali. Le sembra tollerabile?». Sta di fatto che ieri da una parte c’erano i cittadini storici di Montalcone che celebravano l’inaugurazione del presepe, dall’altra parte della città migliaia di immigrati, giunti anche da diverse province, che urlavano e protestavano per continuare ad usare negozi e magazzini come luoghi di culto e indottrinamento in barba a qualsiasi norma sulla sicurezza». Il caso di Monfalcone sta assumendo un clamore nazionale. Oltre al sostegno del vicepremier Salvini la giunta comunale ha incassato l’appoggio della Regione, dal governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, e da molti altri esponenti nazionali (dal senatore e segretario regionale Lega Fvg, Marco Dreosto alla viceministro viceministra all’Ambiente Vannia Gava, dall’ l’europarlamentare Rosanna Conte e dalla collega Elena Lizzi).

 

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