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Giorgia Meloni contro gli Agnelli: "Nessuna lezione da loro"

Antonio Rapisarda
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Capolista di Fdi alle Europee o no? «C’è un 50% di possibilità». La manovra è stata di “sinistra”? «No. Investire le poche risorse disponibili per concentrarsi sulla crescita è di destra...». Complotti in atto contro il governo da parte di chi dà le carte in Italia? «Adesso non le dà nessuno: le diamo noi, grazie al mandato degli elettori». E via così, fra un «avviso ai naviganti» sulla querelle del Teatro di Roma («Il tempo dell’amichettismo nel quale per le nomine pubbliche la tessera del Pd fa punteggio è finito»); e una stoccata al gruppo Gedi-Elkann, ossia a Repubblica “scandalizzata” per il piano privatizzazioni: incredibile, per la premier, «che questa accusa mi arrivi dal giornale di proprietà di quelli che hanno preso la Fiat e l’hanno ceduta ai francesi. Lezioni da questo “pulpito”, no».

Giorgia Meloni ha risposto a questo e tanto altro nei tre quarti d’ora di faccia a faccia con Nicola Porro, ieri sera a Quarta Repubblica. Punto di partenza le crisi internazionali: Ucraina e Medio Oriente. Era pronta, alla vigilia del suo mandato, ad affrontare tutto questo? «Ero pronta a far contare di più l’Italia sui dossier internazionali». L’ultimo è quello della missione Ue nel Mar Rosso a cui ha aderito l’Italia: «È prevalentemente di politica di difesa- ha spiegato il capo dell’esecutivo -. Da lì transita il 15% del commercio mondiale e impedire il passaggio delle merci significa un aumento dei prezzi spropositato. Non possiamo accettare la minaccia degli Houthi». Corollario è il focus sulle prossime elezioni Usa: ossia se l’eventuale ritorno del ciclone Trump possa cambiare qualcosa nel “grande gioco” internazionale: «Non so se cambierà la politica estera americana. Di certo non cambierà la politica estera dell’Italia», ha assicurato chiudendo la bocca a tutti i retroscena.

POLVERONE
Si arriva così al polverone sollevato dai dem sulla nomina del direttore Luca De Fusco al Teatro di Roma. «Neanche lo sapevo - ha confessato -: l’ho appreso dal bailamme della sinistra». Il punto, per lei, è che è stata nominata una persona «che ha un curriculum di ferro sul piano culturale e della competenza, non ha tessere di partito». Qual è lo scandalo allora? Si fa e si dà la risposta da sola: «Che non ha la tessera del Pd...». Risposta sarcastica anche sul caso di Marcello Degni, il giudice “militante” della Corte dei conti scelto da Gentiloni: «Schlein non ha detto una parola. Lei - ha accusato Meloni - dice sempre che prima non c’era. A me chiedono conto di ciò che faceva Mussolini, a loro non puoi chieder conto di ciò che il Pd faceva un anno fa, siamo seri...». A proposito ancora di opposizioni: quale teme di più? «Per quello che mi riguarda, in Italia, Pd e M5s sono due facce della stessa sinistra», chiarisce confermando però che il vero avversario in vista delle Europee è Elly Schlein: «Se parliamo nell’ambito europeo, storicamente il confronto è fra Conservatori e Partito socialista, quindi lì l’interlocutore naturale è il Pd».

 

 

Capitolo privatizzazioni. Per Meloni si possono «fare con serietà», a una condizione precisa: «Lo Stato mantiene sempre il controllo quando il controllo è fondamentale». Insomma privatizzazione «non è», come è avvenuto in passato, «fare regali a qualche imprenditore fortunato e amico». Il dossier è l’occasione, poi, per togliersi un macigno dalle scarpe: la prima pagina di Repubblica con il titolo “L’Italia è in vendita”. La premier è un fiume: «Che questa accusa mi arrivi dal giornale di proprietà di quelli che hanno preso la Fiat e l’hanno ceduta ai francesi, hanno trasferito all’estero sede legale e sede fiscale, hanno messo in vendita i siti delle nostre storiche aziende italiane... non so se il titolo fosse un’autobiografia però francamente le lezioni di tutela di italianità da questi pulpiti anche no...». Spazio anche alle risposte sul dossier Intelligenza artificiale. Fra l’entusiasta Bill Gates e la prudenza di Elon Musk? Non ci sono dubbi: «Sono più vicina alla posizione di Musk, che è un grandissimo conoscitore di questa materia e che dice: “Signori, attenzione”.
Perché l’Ia può generare grandi opportunità ma anche enormi rischi».

 

 

Sul caso Ferragni e il ruolo degli influencer la polemica («Non certo alimentata da me») è chiusa: non è così, però, per la lezione da trarre. «La vicenda ha fatto vedere che effettivamente c’è un buco nella normativa delle attività commerciali che hanno anche uno scopo benefico». Al via, dunque, una norma trasparenza: «Arriva nel Cdm di giovedì». L’ultima curiosità riporta alla sua eventuale candidatura alle Europee. «Deciderò all’ultimo, quando si formano le liste», ha chiosato la premier. La possibilità è concreta: «Si figuri se non considero importante misurarmi con il consenso dei cittadini. È l’unico elemento che conta per me». E non si tratterebbe di un passaggio sulle spalle degli elettori: «I cittadini che dovessero votare per una Meloni che si candida in Europa sanno che non ci va. Ciò non toglie che se vogliono confermare o meno un consenso, anche quella è democrazia. Per me potrebbe essere importante verificare se ho ancora quel consenso».

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