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Stupro di Catania, Eguenia Roccella: "Migranti criminali? Mai più in Italia, ora è possibile"

Fausto Carioti
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«Anche in questo caso non abbiamo aspettato i terribili fatti di cronaca per agire. Adesso gli strumenti normativi ci sono», dice Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità e deputata di Fdi.

Strumenti per fare cosa, ministro?
«Agli stupratori di Catania potrà essere negato il permesso di soggiorno, perché c’è il fattore della pericolosità sociale e perché il nostro governo ha cambiato la legge. Dovranno rispondere alla giustizia di ciò che hanno fatto, e possono comunque essere espulsi, perché ora ci sono tutti i mezzi per farlo».

Quale norma consente di negare il permesso di soggiorno ai giovani egiziani responsabili dello stupro della tredicenne?
«È la legge che abbiamo promosso insieme ai ministri Piantedosi e Nordio, approvata alla fine dello scorso anno. Oltre a rafforzare e rendere più tempestive le misure generali di prevenzione contro la violenza sulle donne, estende agli immigrati indiziati di reati di violenza la possibilità dell’espulsione, per i maggiorenni, e la non concessione del permesso di soggiorno, per i minorenni. È una norma molto importante a tutela delle donne e per aumentare il tasso di sicurezza nelle nostre città».

I numeri della popolazione carceraria e degli autori dei reati dicono che c’è un nesso tra gli immigrati, in particolare di alcune nazionalità, e le violenze sulle donne.
«Il nesso c’è ed è evidente. Sarebbe inutile negarlo, anche perché il problema non è solo italiano, ormai investe tante nazioni. Ed è stato notevolmente aggravato dall’eccesso di cautela con cui il tema immigrazione è stato gestito in molti Paesi: per ragioni ideologiche o per paura di essere processati di fronte al tribunale del politicamente corretto».

Resta il fatto che le colpe sono individuali e c’è sempre il rischio di accanirsi su una categoria indistinta, nella quale molti sono innocenti.
«È accaduto esattamente il contrario. In Italia abbiamo assistito a sentenze che hanno giustificato atti di violenza invocando la “cultura d’origine” dell’autore del reato; in altri Paesi le indagini sono state portate avanti a rilento per paura di generare conflitti inter-etnici o problemi di ordine pubblico. I risultati di questo atteggiamento sono disastrosi. È come se legiferare e applicare le leggi quando c’è di mezzo l’immigrazione dovesse essere per forza interpretato come indice di pregiudizio. Ma non c’è alcun pregiudizio quando si dice la verità. E confidiamo che anche a sinistra stiano iniziando a capirlo».

Ne è sicura?
«Alcuni atti parlamentari inducono a sperare in tal senso. Li prendiamo in parola e ci aspettiamo di trovare l’opposizione coerentemente al nostro fianco su questi temi».

Di quali atti parlamentari parla?
«Parlo innanzi tutto della legge contro la violenza che abbiamo citato, che è stata votata all’unanimità. Ed in occasione della sua votazione alla Camera è stato approvato un ordine del giorno sottoscritto da parlamentari come Angelo Bonelli, che ne è il primo firmatario, Nicola Fratoianni e Luana Zanella, insomma dall’ala sinistra della sinistra, in cui si propone di rigettare la richiesta di cittadinanza da parte di chi sia stato condannato, anche all’estero, per reati di violenza».

È la stessa sinistra che vorrebbe più sbarchi. 
«Eppure mi piace pensare che quei due voti segnino un inizio di consapevolezza, che si cominci a capire che sulla violenza contro le donne non sono più ammissibili giustificazioni come quelle legate alla cultura di provenienza. Anche perché avrebbe poco senso continuare a discutere di patriarcato se non si riconosce che altrove ci sono culture che ancora oggi praticano forme antiche e feroci di patriarcato e oppressione, le quali non devono trovare nel nostro Paese spazio né la minima forma di indulgenza».

Che state facendo a questo proposito?
«Io rivendico l’approccio del nostro governo. Basato su grande apertura all’immigrazione regolare, quella con possibilità di integrazione, di assorbimento lavorativo, come abbiamo dimostrato con i provvedimenti sui flussi. Lotta ai trafficanti di uomini e potenziamento degli strumenti attraverso i quali le autorità possono impedire la permanenza nel nostro Paese o negare l’ottenimento del permesso di soggiorno a chi si rende responsabile di comportamenti inaccettabili. Il messaggio della legge Roccella-Piantedosi-Nordio è chiaro: chi usa violenza nei confronti di una donna non deve poter restare in Italia».

E adesso, dopo lo stupro di gruppo di Catania, cambierete qualcosa?
«Il governo sta facendo tantissimo, sia sul fronte della sicurezza in generale, sia nel contrasto alla violenza sulle donne. Abbiamo quasi raddoppiato i fondi, abbiamo varato una legge che in neanche due mesi è già stata applicata molte volte, stiamo lavorando sulla formazione e promuovendo campagne di sensibilizzazione a tutti i livelli. Episodi terribili come quello di Catania, però, ci dicono anche che c’è un problema crescente di violenze di minori su altri minori. È un tema che abbiamo affrontato con il decreto Caivano e sul quale dobbiamo continuare a concentrarci».

Infatti gli episodi di delinquenza minorile, non solo legata all’immigrazione, sembrano moltiplicarsi. Come li affrontate?
«Il problema della violenza minorile deve essere affrontato sia sul piano dell’educazione che della repressione, e chiama in causa anche la crisi educativa che ha investito le famiglie, le quali debbono avere strumenti efficaci per esercitare la dovuta responsabilità». 

In concreto?
«Ad esempio, rispondendo anche a una sollecitazione di don Maurizio Patriciello, col decreto Caivano abbiamo preso di petto il problema dell’esposizione sempre più precoce ai contenuti pornografici e violenti in Rete. Abbiamo incentivato la diffusione delle applicazioni che consentono ai genitori di monitorare la navigazione online dei figli minori, e il parlamento, con un’iniziativa trasversale, ha avviato un percorso per un controllo più efficace dell’età dei fruitori dei siti porno». 

Intanto da sinistra chiedono al governo una posizione chiara sulla direttiva Ue contro la violenza sulle donne, che ad oggi non affronta il reato di stupro. Cosa rispondete? 
«La posizione del governo italiano è sempre stata chiarissima, ci sono documenti e atti ufficiali a testimoniarlo. L’Italia, insieme a pochi altri Paesi, ha provato a superare le obiezioni avanzate da numerosi Stati membri, molti dei quali a guida socialista o “liberal”. Per noi è contraddittorio che la direttiva non includa il reato di stupro e ci siamo battuti per questo. Ma la fase della trattativa fra governi si è conclusa. Proprio oggi ci sarà un confronto che vedrà i rappresentanti del parlamento europeo protagonisti, e contiamo sul fatto che si faranno sentire. L’Italia ha fatto la propria parte fino in fondo, adesso dovrebbero essere soprattutto i parlamentari dei Paesi contrari a premere sui loro governi». 

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