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Foibe, Pd e Schlein non riescono a farsi un esame di coscienza

Pietro Senaldi
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Dalle parti di Trieste e Fiume, dove la tragedia delle foibe e il tentato sterminio degli italiani d’Istria si respirano ancora nell’aria, e non solo nel Giorno del Ricordo, dicono che «gli slavi restano sempre slavi». Affermazione politicamente scorretta e che oggi potrebbe passare per razzista. 

È difficile però espungere l’elemento razziale da un’operazione di pulizia etnica, perché questo era lo scopo dei partigiani comunisti titini nei confronti degli italiani. La politica, il fascismo e il comunismo, per gli infoibatori è stato il pretesto ideologico per un’operazione criminale, di sterminio di massa e appropriazione dei beni altrui. Rispetto alla Shoah, cambiano solo le dimensioni dell’eccidio e il colore dei criminali di guerra. Nella ex Jugoslavia erano consapevoli di quello che stavano facendo. Chi non lo era, si spera, erano i comunisti italiani, accecati dall’ideologia. Ci sono mille prove di questo.

Parli per tutte il destino dei mille operai comunisti italiani di Monfalcone, che credendo al Pci italiano, secondo il quale la Croazia era libera e l’Italia schiava degli Usa, si trasferirono oltre confine e finirono tutti internati nei lager titini, perché ai partigiani rossi non gliene importava nulla di cosa pensassero i singoli italiani, erano tutti nemici di razza da abbattere.

Se non si può dire che gli slavi restano sempre slavi, si può almeno ancora affermare con certezza che i comunisti restano sempre comunisti, anche adesso che è morto Castro, Putin passa per uno di destra anche benché arrivi dal Kgb e la ditta è finita in mano a una alto borghese svizzera. Già, Elly Schlein. La signora ha pensato di celebrare il Giorno del Ricordo in Sardegna; non perché nell’isola sia presente una nutrita comunità di esuli giuliano-dalmati, ma per andare a visitare la casa di Gramsci, che anche oggi, domani e l’anno prossimo resterà comunque dov’è. Intendiamoci, contro il fondatore dell’Unità e del Pci, incarcerato da Mussolini e non dagli istriani, non abbiamo nulla, però la segretaria del Pd che va a trovarlo il 10 febbraio ricorda le sinistre che hanno sfilato per Hamas due sabati fa, nella Giornata della Memoria per l’Olocausto degli ebrei. La scelta dei tempi in politica conta.

 

SCELTE SBAGLIATE
Comunque, guardando al calendario, se proprio un politico non vuol essere alla foiba di Basovizza con Giorgia Meloni, primo premier in carica a recarvisi per rendere omaggio agli italiani infoibati, meglio andare da Gramsci che sulla tomba di Palmiro Togliatti, che nel 1947 disse che più terre italiane fossero state cedute a Tito, più Italia sarebbe diventata libera. Se ci credeva era un cretino, altrimenti un criminale.

I comunisti, si diceva, non cambiano mai. Ci provi Debora Serracchiani, ex presidente del Friuli Venezia Giulia e a capo della misera delegazione dem ieri a Basovizza, a far prendere coscienza della storia ai compagni. Ancora i dem fanno le barricate contro la destra che vuol togliere al macellaio Tito la medaglia come Cavaliere di Gran Croce all’Ordine al merito della Repubblica. Hanno cambiato una mezza dozzina di nomi ma la loro natura è ferma al Peppone degli anni Cinquanta. Lui però almeno non sapeva tutto. C’è qualcosa di inspiegabile, se non con l’esistenza di un dna mefistofelico, nell’atteggiamento di chi spende la gran parte della propria attività politica a fare l’esame del sangue agli avversari, chiedendogli conto di ogni sillaba e finanche di azioni commesse da altri ma non affronta mai il proprio esame di maturità.

 

Fu già la destra di Almirante, oltre sessant’anni fa, ad archiviare i dogmi fascisti mentre idem di oggi non riescono a rinnegare la dottrina di Togliatti sulle foibe. E quando si tratta di andare avanti, hanno sempre una risposta negazionista e violenta, finanche anti-italiana, come quella del Pci che si augurava che Trieste diventasse croata. Ora che, come ha detto il presidente Mattarella, è caduto il muro di omertà sulle foibe, denunciato per la prima volta dal presidente Cossiga nel 1991 - quando andò a Trieste e si scusò per le colpe dello Stato italiano e dichiarò che sarebbe andato lì anche prima, se non glielo avessero impedito- il centrodestra ha un compito storico. 

Meloni e soci devono provare a convincere la sinistra che riconoscere le foibe e condannare i comunisti titini è un servizio che farebbe a se stessa, oltre che al Paese. Opera ardua, perché per il Pd italiano è più facile rinunciare a difendere i ceti medi e popolari piuttosto che mollare i partigiani slavi. E questo qualcosa vorrà dire: è il risultato di un lavaggio del cervello che ti impedisce ogni riconsiderazione della realtà diversa da quella che ti è stata insegnata dal partito.

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