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Bologna ospita Barghouti: va in scena il monologo anti-Israele

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Giovanni Sallusti
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In un’aula universitaria italiana risuonano le parole d’ordine di chi invita a boicottare i prodotti degli ebrei, il lavoro degli ebrei, la vita degli ebrei. No, non è la fine del 1938, non è stata promulgata nessuna legge fascistissima. È l’inizio del 2024, nella sinistrissima Bologna guidata dal sinistrissimo Lepore (uno che, ormai è evidente, vuole contendere alla segretaria Elly la palma di miglior ripetitore del luogocomunismo Woke). Le parole sono quelle di Omar Barghouti, cofondatore del movimento internazionale a guida palestinese per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni contro Israele (BDS, un gruppo che uno dei più insigni giuristi viventi, Alan Dershowitz, ha definito “immorale”, ma d’altronde Dershowitz è ebreo, non si vede perché dovremmo perdere tempo col suo parere).

L’aula è quella del complesso di Santa Cristina ma, ancora più straniante, nel tardo pomeriggio di lunedì il Boicottatore in capo replica direttamente nella Sala Imbeni del Comune, intervenendo a un incontro organizzato da Lista Lepore, Partito Democratico e Coalizione Civica: tutto il bel mondo progressista bolognese. “Progressista”, si sa, in questa pazzotica contemporaneità è sinonimo anzitutto di oscurantista, e infatti Barghouti davanti agli studenti parte forte contro l’unica democrazia liberale del Medio Oriente: «Tutti dovrebbero fare pressione sui propri governi, sulle università e sui sindacati per adottare un embargo militare» contro Israele.

 



Una proposta per nulla preconcetta e ispirata a sinceri intenti irenici. Dopodiché, come un Ghali qualsiasi, ripesca l’utilizzo disinvolto di un termine che gronda tutto il sangue della Storia (e spesso, sia detto non per inciso, era sangue ebreo): «È necessario resistere, fermare il genocidio». Ma il momento di maggiore sincerità è quando mostra un approccio alla libera stampa che sarebbe assai apprezzato dai connazionali di Hamas: «Non so perché i media mi abbiano solo fatto delle foto e poi sono andati via senza aspettare di sentire una singola parola di quello che ho da dire, è così tipico dei media occidentali che sono media-spazzatura».

QUALE APARTHEID
Alcuni giornalisti, peraltro, si erano fermati in sala ed erano lì ad ascoltarlo, ma non conta la realtà, conta la sua rappresentazione. E la rappresentazione, di Barghouti e dei sinceri democratici cacciatori di prodotti ebrei, è quella per cui in Israele vige «un regime di apartheid coloniale che dura da 75 anni». In Israele, dove i palestinesi si precipitano a farsi curare in ospedali che non sono covi terroristici, come a Gaza, ma eccellenze tecnologiche. In Israele, dove prospera il più ampio pluralismo culturale e confessionale. In Israele, dove c’è un partito arabo che si presenta costantemente alle elezioni. L’apartheid, seguendo la pseudologica di Barghouti, è incentivato da chi il 7 ottobre ha subito un pogrom, una carneficina etnica.

Incredibilmente, il presidente della comunità ebraica bolognese, Daniele De Paz, si è lievemente risentito: «Sindaco e rettore hanno dato via libera a un monologo anti-israeliano». Il rettore Giovanni Molari ieri ha dichiarato che si è trattato di «un evento che non ha seguito le procedure di autorizzazione normali che ci sono nel nostro ateneo», insomma Barghouti e compagni la sala se la sarebbero presa d’imperio.

ESCALATION SURREALISTA
Lepore tace, ha esternato invece il capogruppo della sua Lista, Siid Negash: «Dobbiamo essere coraggiosi a discutere di pace anche in questi luoghi istituzionali». E ogni pace giusta si basa sul boicottaggio di una delle due parti, non c’è dubbio. All’escalation surrealista ha voluto partecipare anche lo scrittore, attore e beniamino di Repubblica Alessandro Bergonzoni, presente a entrambi gli incontri: «Si tratta solo di stemperare e di cercare di ascoltare». Esempio di azione portata avanti dal movimento BDS per “stemperare”: l’invito a non acquistare i prodotti che riportano «Made in Israel» o che riportano sul codice a barre il numero che inizia con 729, in quanto identificativo dello Stato ebraico. Già, i numeri identificativi, vecchia storia.

 

 

 

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