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La guerra Meloni-Mattarella è solo nella testa dei compagni

Francesco Damato
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Da informazioni assunte da buona e amichevole fonte so che al Quirinale tutto funziona regolarmente, anche il servizio di riscaldamento. Il presidente gode di ottima salute e lavora senza tenersi il cappotto addosso. Non corre insomma rischi di congelamento, o di semplice raffreddore. So bene, per carità, non sono uno sprovveduto, che “il gelo” al Quirinale su cui ha titolato ieri la Repubblica di carta è solo di natura politica, attribuito in particolare ad un venticello proveniente da Palazzo Chigi, ma un po’ anche dal Ministero dell’Interno. Dove le difficoltà che stanno incontrando nelle piazze le forze dell’ordine e la preoccupazione di tutelarle da “processi sommari”, come ha detto in Parlamento il titolare del Viminale dopo averne parlato personalmente - ho saputo - con lo stesso presidente della Repubblica, proverrebbero secondo qualche retroscenista da una certa vulnerabilità provocata dalle proteste pubbliche del capo dello Stato per il “fallimentare” uso dei manganelli contro i ragazzi di Pisa e simili dei giorni scorsi.

Ma quei rilievi furono condivisi, per annuncio dello stesso Mattarella, dal ministro in persona al telefono. E poi anche da Giorgia Meloni, correttamente informata dallo stesso Mattarella del comunicato che stava per essere emesso dal Quirinale sulla spiacevole vicenda. Della quale si stanno occupando con indagini le stesse forze dell’ordine e la magistratura. Non vedo francamente quale interesse politico possano avere il ministro dell’Interno e la presidente del Consiglio ad aprire e condurre un contenzioso adesso col presidente della Repubblica. Né quale interesse possa avere a sua volta il capo dello Stato ad avere con l’uno e l’altra un comportamento meno che costruttivo. Più che con notizie, ho l’impressione che abbiamo a che fare con supposizioni, d’altronde non nuove. Non sono mancate in passato smentite anche stizzite del Quirinale a chilo dava in conflitto o solo imbronciato con la premier.

 

 

Ad una di queste smentite fu addirittura attribuita la causa di un cambiamento repentino di direzione intervenuto in uno dei più importanti giornali italiani. Persino uno dei più sospettosi ma anche informati colleghi sulla piazza, Marco Travaglio, direttore di un giornale che contende a Repubblica il ruolo di nave ammiraglia della flotta d’opposizione al governo, ha avuto qualche giorno fa qualche remora a pensare che alla Meloni convenisse aprire un contenzioso col Quirinale sul tema delle forze dell’ordine e della loro tutela dai malintenzionati. «Ce l’ha con Mattarella»? Si era chiesto quasi incredulo, in un lungo titolo sulla testata, riferendo appunto della premier intervenuta in difesa della Polizia. Secondo Repubblica, invece, in fase evidentemente di sorpasso sulla strada della guerra o delle ostilità al governo, Meloni ce l’aveva proprio col capo dello Stato. Che ne sarebbe perciò rimasto, come si diceva, gelato.
Con Repubblica si è ritrovata l’Unità del mio caro amico Piero Sansonetti, che sta vivendo una seconda giovinezza di lotta, annunciando in prima pagina “l’assalto” addirittura della Meloni al Quirinale, da sola. Senza gente appresso, come avvenne invece con la famosa “marcia su Roma“ dei fascisti tanto evocata da storici di professione e di avventura nel centenario diabolicamente coincidente, nel 2022, con l’arrivo della prima donna, e di destra, nella storia d’Italia alla guida di un governo.

FANTASIE A MEZZO STAMPA
Se questa è stata la fantasia di Repubblica figuriamoci quella del giornale che ne ha preso il posto nel cuore, nella testa e nelle tasche del buon Carlo De Benedetti: un quotidiano forse troppo proiettato nel futuro anche nel nome della testata -Domani - che se n’è uscito ieri su tutta la prima pagina con questo titolo: «Il governo “manganella” Mattarella- Meloni e la vendetta del premierato». Che pertanto sarebbe una riforma studiata apposta dalla premier, sin dall’insediamento a Palazzo Chigi, nella prospettiva di togliere poteri, parola e quant’altro al presidente della Repubblica con la forza derivante dall’elezione diretta del capo del governo da parte dei cittadini. Questo tentativo, già segnalato da Mario Sechi, di usare la riforma del premierato messa nel cantiere parlamentare dalla Meloni non per farla arrivare in porto nel migliore dei modi, o per condurre un’opposizione leale e costruttiva, ma solo per intossicare i rapporti politici e istituzionali e rappresentare strumentalmente una contrapposizione strutturale, diciamo così, fra la premier e il capo dello Stato, e viceversa, andrà avanti per tutta la legislatura. Quello che si sta servendo in questi giorni è solo l’antipasto.

 

 

Questa strategia d’intossicazione del dibattito politico, di avvelenamento dei pozzi, della tensione permanente scommette tuttavia su una condizione che ritengo improbabile: la sprovvedutezza della Meloni o di Mattarella, o peggio ancora - di entrambi. Che invece sanno di muoversi peraltro in una situazione internazionale assai delicata, in cui all’Italia toccano funzioni e ruoli atlantici ed europeisti preclusi alle opposizioni per le loro profonde divisioni. Che non sarà certamente la nuova e volenterosa governatrice della Sardegna Alessandra Todde a sciogliere da Cagliari alternando telefonate con Conte e la Schlein. In questa situazione, che pure si avverte sfogliando i giornali e vedendo le immagini di guerra su tutti i canali televisivi, la Meloni e Mattarella sono semplicemente sullo stesso asse. Non conviene, ripeto, né all’una né all’altro disturbarsi, ammesso e non concesso che ne fossero stati e ne fossero mai improvvidamente tentati.

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